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L'Asp di Cosenza

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Quello di edulcorare i bilanci per coprire la reale entità del deficit potrebbe essere stato un trucco adottato non solo dall’Asp di Cosenza, ma anche da altre Aziende sanitarie calabresi in nome di un interesse politico semplice ma sostanziale: “Dobbiamo scrivere un numero che sia inferiore a quello dell’anno scorso per far vedere che siamo bravi”.

E sullo sfondo un misterioso “Peppino” nei panni del burattinaio. C’è questo e altro nelle nuove intercettazioni finite agli atti dell’inchiesta “Sistema Cosenza”, diciannove persone indagate per falsità materiale e ideologica nonché per abuso d’ufficio tra cui Massimiliano Scura e Saverio Cotticelli, ovvero il primo commissario ad acta per il Piano di rientro della Sanità calabrese e il suo successore.

L’indagine in questione è relativa solo alla voragine finanziaria dell’Azienda cosentina, ma nei nuovi dialoghi ascoltati tra marzo e aprile, emergono piste per estendere i sospetti anche ad altre realtà regionali. È proprio Scura a paventare uno scenario in stile “così fan tutti” a Vincenzo Ferrari, dirigente della Regione anche lui indagato, al quale racconta quanto avvenuto nel 2016, epoca in cui le aziende sanitarie avrebbero “imboscato un mare e mezzo di polvere sotto al tappeto”, facendo sparire dai rispettivi bilanci dell’anno precedente ben quaranta milioni di euro di debiti.

“Solo il Pugliese-Ciaccio ne ha imboscati tredici” aggiunge l’ex commissario al quale l’azienda catanzarese, da lui interpellata in merito, avrebbe risposto così: “La struttura commissariale ci ha detto che potevamo, dovevamo nasconderli insomma”. Strano, perché in quel 2016 il commissario era proprio lui, allora fresco di nomina, ma è un gioco degli equivoci che Scura risolve per esclusione: “La struttura commissariale era formata da due persone. E siccome non ero stato io allora era stato l’altro”.

Anche Ferrari ha una storia da raccontare, risale sempre al 2016, quando a suo dire altre variazioni patrimoniali al ribasso comunicate dalle Asp alla Regione con due anni di ritardo, sarebbero state accompagnate da una giustificazione analoga: “Qualcuno ci ha detto di fare così”. I due interlocutori non lo nominano mai, ma secondo i finanzieri l’identikit da loro tracciato corrisponde a quello di Andrea Urbani, attualmente alla guida della Direzione generale della Programmazione sanitaria, ma dal 2013 al 2017 in servizio in Calabria come subcommissario per il Piano di rientro.

Lo scorso febbraio, proprio lui si è insediato come commissario ad acta per rendere esecutiva la sentenza con cui Consiglio di Stato dispone la riapertura dell’ospedale di Trebisacce e anche in virtù di ciò sarebbe lui quel “qualcuno” evocato da Ferrari che “in questo momento viene a tagliare i nastri negli ospedali e non figura neanche di striscio in questa indagine”.

Sono dialoghi da prendere con le pinze: forse insinuazioni dettate dal risentimento, al più lo sfogo di due persone che ritengono di essere indagate ingiustamente, ma da parte di Ferrari traspare anche la volontà di andare in fondo alla questione, nel caso in cui – per lui malaugurato – la vicenda giudiziaria che lo riguarda non si risolva in tempi brevi: “Chiamo a testimoniare tutti – minaccia – anche quelli che ci hanno detto quella cosa, così quel signorino scende da Roma e racconta lui a chi ha convocato e che cosa ha detto perché qualcuno durante le intercettazioni ha detto che la Regione gli aveva detto di tenere il disavanzo non oltre certi livelli e sappiamo bene che non siamo stati nessuno di noi”.

La Regione non è stata, ma allora chi è stato? Una possibile soluzione la offre ancora Scura tirando in ballo il fantomatico “Peppino”, figura che i finanzieri in ascolto non riescono a identificare. A lui, nel corso di un incontro romano risalente a cinque anni fa, l’allora commissario calabrese si sarebbe rivolto per risolvere la bega del famigerato Bilancio 2015 e proprio da lui si sarebbe sentito rivolgere il Discorso dei bravi citato in partenza. “Io ho detto: scusate, ma chi ce lo fa fare a scrivere di meno di quello che effettivamente è se poi ce lo troviamo tutto sul gozzo (…) e non c’è stato verso, non c’è stato verso”. Scura ammette di aver ceduto infine “alle pressioni di Peppino” perché “tanto cinquanta o cinquantacinque cambia poco la perdita”, ma si chiede cosa sia successo nel 2013, quando la perdita “era di trenta”, verosimilmente milioni.

Dicevamo che l’inchiesta della Procura di Cosenza si concentra solo su un’Azienda sanitaria e solo sui bilanci di alcune annualità. Cosa sia accaduto prima non è ancora oggetto d’indagine e ciò che si è verificato dopo sarà arduo stabilirlo, considerato che dal 2018 in poi le falsificazioni dei documenti contabili si sarebbero avviluppate in una spirale tale da non consentire più di poterli redigere e poi approvarli: accade anche questo nella sanità dei peppini.

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