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Francesco Modesto

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CROTONE – Assoluzione confermata anche in Appello per l’ex calciatore oggi allenatore Francesco Modesto, dal 2016 coinvolto in un’inchiesta della Dda di Catanzaro per associazione a delinquere e usura, entrambe aggravate dalle finalità mafiose.

Per la seconda volta, i giudici hanno respinto la richiesta di condanna a otto anni di reclusione avanzata nei suoi confronti dagli inquirenti, scagionandolo nuovamente da ogni accusa.

L’ex terzino sinistro oggi trentanovenne e nativo di Crotone vanta una lunga militanza nel campionato di serie A con le maglie, fra le altre, di Reggina, Genoa, Palermo, Parma, Bologna, Pescara. Per lui anche una parentesi a Cosenza, in serie B, dove conosce la donna della sua vita, una figlia di Luisiano Castiglia alias “Mimmo”, esponente della vecchia guardia del crimine bruzio, ed è proprio questa parentela ingombrante, il 31 agosto del 2016, a innescare i suoi guai giudiziari. Quel giorno Castiglia viene arrestato nell’ambito di un’inchiesta per usura – nome in codice “Laqueo”, dal latino «Il cappio» – e, in carcere con la stessa accusa, finiscono altre dieci persone tra cui lo stesso calciatore per una vicenda che risale al 2008.

In quel periodo, infatti, un imprenditore con interessi anch’egli nel settore dello sport, si sarebbe rivolge al suocero di Modesto per ottenere un prestito di trentamila euro, soldi che Castiglia preleva direttamente dal conto corrente di suo genero per consegnarli poi al richiedente.

Per gli investigatori di tratta di un prestito usuraio, anche perché un pentito di ‘ndrangheta, Roberto Calabrese Violetta, sostiene di aver fatto da tramite per la consegna di quel denaro. «Modesto – preciserà lui stesso durante uno dei suoi numerosi interrogatori – era consapevole che il denaro consegnato al suocero veniva impiegato in attività criminali e comunque usurarie».

C’è poi uno degli imprenditore parte-offesa che afferma di aver estinto il proprio debito anche eseguendo dei lavori a casa sua e, a conti fatti, gli indizi contro di lui sono tutti qua, tant’è che circa due settimane dopo, il Tribunale del Riesame lo rimette in libertà, bollando come “generiche” ed “esigue” le indicazioni del pentito. In quei giorni, l’atleta affida le sue verità a una conferenza stampa convocata per l’occasione: «Grazie al mio lavoro da calciatore ho messo insieme cinque o sei milioni di euro. Non avevo bisogno di fare l’usuraio» sottolinea davanti ai microfoni, proclamandosi vittima del malanimo di Calabrese Violetta, da lui denunciato, in un recente passato, per una truffa da ottocentomila euro ordita ai suoi danni.

«Sono stato infangato – afferma in quella sede Modesto – e la mia immagine è stata compromessa. E tutto questo perché si è voluto dare credito a una testimonianza inattendibile». In seguito, due processi gli daranno ragione. A difenderlo erano gli avvocati Pasquale Marzocchi e Leo Sulla.

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