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Il neo pentito Roberto Porcaro

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C’E’ UN passaggio in uno dei verbali del neocollaboratore di giustizia Ivan Barone in cui, tra i vari “omissis”, quest’ultimo fa riferimento all’omicidio di Giuseppe Ruffolo, alias “Pinuzzo i’ Bebé”, consumato a colpi di pistola in via degli Stadi il 22 settembre 2011. Barone non ha dubbi quando dichiara agli investigatori antimafia di essere a conoscenza del fatto che «a commettere l’omicidio è stato D’Elia Massimiliano su mandato di Roberto Porcaro. Questi fatti – aggiunge – mi venivano riferiti da Luigi Abbruzzese nell’anno 2017/2018. Secondo quanto riferitomi sempre da Luigi Abbruzzese, il movente dell’omicidio risiedeva nel fatto che Ruffolo svolgesse attività di usura senza l’autorizzazione dell’organizzazione».

È plausibile che sia da rintracciare proprio in queste parole la chiave del pentimento dell’(ormai ex) boss di Cosenza, Roberto Porcaro per l’appunto, braccio destro di Francesco Patitucci, al vertice della confederazione di ‘ndrangheta seguita alla pax tra il gruppo degli “italiani” e quello degli “zingari”. Un vero e proprio “Sistema”, così lo hanno definito gli inquirenti della Dda, frutto di un «accordo tra organizzazioni» i cui proventi confluivano nella “bacinella” comune. Le voci di una sua volontà di collaborare con la giustizia si erano già diffuse nei giorni scorsi, quando sul cavalcavia di via Pertini, a Rende, si era materializzato uno striscione con la scritta eloquente e di certo poco edificante: “Porcaro pentito infame”.

Sta di fatto che, sul punto, non è più alcun dubbio. La conferma è giunta proprio nelle ultime ore: Porcaro, indagato di punta dell’inchiesta “Reset” della Dda di Catanzaro e detenuto fino a poco tempo fa nel carcere di Voghera, si sarebbe deciso a “saltare” il fosso già da un po’ di tempo a questa parte. Il pentito Barone chiarisce precisamente il ruolo apicale assunto da Porcaro all’interno del gruppo degli “italiani” nonché il suo rapporto di vicinanza a quello degli “zingari” capeggiato dai cognati Luigi e Antonio Abbruzzese, alias “Banana”, prima del loro arresto nell’ambito dell’operazione “Testa di Serpente”.

Ma Barone non è l’unico ad aver vuotato il sacco, rivelando dettagli importanti su Porcaro. Prima di lui anche Danilo Turboli, suo ex sodale oggi pentito, lo avrebbe accusato di essere il mandante di una serie di estorsioni mafiose. Così come, in passato, diversi collaboratori di giustizia tra cui Celestino Abbruzzese detto “Micetto” e Luciano Impieri, che indicavano “Robertino” come “colui che comanda a Cosenza”. E ancora, Adolfo Foggetti che, in un interrogatorio reso nel 2018, dichiarava «di conoscere bene Francesco Patitucci» e che «la persona più legata a lui era Robertino Porcaro. Lui fa le estorsioni, si è fatto i suoi ragazzi, pure perché teneva delle armi, aveva dei bigliettini con delle copiate. Porcaro ha sempre trafficato droga, da quando sono uscito io dal 2010 dal carcere. È nel giro dell’usura pure. Ed è battezzato. Era inizialmente con Cicero ma poi Mario Gatto lo ha portato con i Lanzino e, poiché Gatto era in carcere, ha stretto amicizia con Patitucci».

Porcaro, di recente, ha incassato anche una condanna a 20 anni poiché coinvolto in un’indagine della Dda di Reggio Calabria relativa a un traffico di stupefacenti. Di quali verità sia depositario l’ex capo della criminalità bruzia non è ancora dato sapere. Certo è che le ‘ndrine, in città, già tremano, pensando al loro destino.

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