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La sede dell'Asp di Cosenza

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COSENZA – L’inchiesta sulle banche di factoring e sulla compravendita dei crediti, della Procura di Milano, è più grande del previsto. Non c’è solo la Calabria, ma diverse regioni d’Italia. Gli accessi del nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza di Milano ci sono stati non solo nelle Asp di Cosenza e Reggio Calabria. Anche in Campania e in altre regioni. E le procedure vanno avanti da diverso tempo. Al centro ci sarebbe la funzione di questi istituti bancari, la loro capacità di acquisto dei crediti vantati da fornitori e privati nei confronti delle aziende sanitarie. Una situazione dove si nasconderebbero doppi e tripli pagamenti. Condizione oltretutto inasprita da situazioni gestionali e contabili complesse all’interno delle stesse aziende.

In Calabria la situazione interesserebbe non soltanto una banca. Sono diverse le società, tutte con sede a Milano, che da diverso tempo si sono concentrate sul debito sanitario calabrese. Complice anche il fatto che nelle aziende, per decenni, la contabilità colabrodo ha permesso situazioni al limite. Nelle ultime ispezioni la Guardia di Finanza, arrivata per recuperare la documentazione relativa ai crediti ceduti alle banche, si è trovata davanti le procedure di transazione fatte dalle Asp di Cosenza e Reggio Calabria. Procedure che camminano di pari passo con la progressiva operazione sul debito pregresso messa a punto dalla struttura commissariale. Procedura che si è scontrata nei mesi scorsi con alcuni limiti tecnici dovuti proprio al caos contabile delle aziende. Una larga fetta del debito, già acquisito dalle società di factoring, continuava a non avere riscontri effettivi nei registri aziendali.

In mezzo c’è anche il caso Cosenza: la procedura che ha portato alla transazione con una delle banche sarebbe stata effettuata senza il parere degli uffici competenti. A gestire tutta la procedura di compravendita dei crediti, da quasi quaranta milioni di euro, sarebbe stato un consulente.

L’inchiesta, dunque, parte da lontano. La scintilla in Calabria sarebbero le intimazioni di pagamento arrivate da quattro società differenti, con sede tutte a Milano, già tre anni fa. Si trattava per la maggior parte di crediti relativi a case di cura private, acquistati dalle società e chiamate all’incasso. Dalle intimazioni di pagamento si è passati subito alle verifiche nell’Asp di Cosenza, all’epoca guidata dalla commissaria Cinzia Bettelini. In alcuni casi si trattava di extrabudget non liquidabili, in altre occasioni di quelle fatture non esisteva registrazione nella contabilità aziendale. L’istruttoria partì dopo una richiesta di accesso agli atti da parte dell’ex consigliere regionale Carlo Guccione. Altre volte, invece, erano già state liquidate con procedimenti ordinari. Una prassi da circa dodici milioni di euro che è sostanzialmente solo la punta dell’iceberg.

Anche il servizio elisoccorso regionale non è immune. Le fatture da pagare alle tre aziende che gestiscono il servizio regionale vengono puntualmente cedute a una società di factoring. La procedura è sempre la stessa: il ricarico per oneri accessori e spese di lite su questi debiti non pagati ha generato guadagni per le banche. Una sorta di “premio” sicuro a lunga scadenza.

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