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Non è solo Donato Bergamini a uscire dalla sala “Garden” il pomeriggio del 18 novembre 1989. Qualcun altro si affaccia nell’atrio e chiede dove sia andato il suo compagno; poi rientra a guardare il film con il resto della squadra. Quell’uomo, stando ai ricordi di un testimone, è Michele Padovano; il coinquilino di Denis, la persona a lui più vicina nei mesi prima della morte.

All’epoca Michele è solo un attaccante di belle speranze, ma negli anni a venire otterrà la gloria con la maglia della Juventus e con quella della Nazionale. L’onta, invece, arriverà per lui nel 2011 con una condanna a otto anni e otto mesi per narcotraffico internazionale. Luigi Fiorito, invece, è la maschera del cinema che quel giorno di 28 anni fa, vede prima Denis abbandonare l’edificio di Rende, ma poi nota anche dell’altro. «Poco dopo è uscito anche Padovano e mi ha chiesto: “Dov’è Bergamini?”. Gli ho detto che sarebbe rientrato di lì a poco».

Donato, invece, non tornerà più, proiettato ormai verso il proprio destino. Ma sempre ammesso che la memoria non inganni Fiorito, come mai quel giorno il suo amico s’interessa così tanto a lui? Anche altri presenti – i calciatori Galeazzi e Lombardo, il massaggiatore Maltese – si accorgono che non è più al suo posto, ma senza dare peso alla questione. Perché, invece, Padovano se ne preoccupa? Fin qui nessuno gliel’ha chiesto e lui, dal canto suo, non ha mai fatto accenno all’episodio. Non è questo, però, l’unico segreto che potrebbe custodire.

Il suo rapporto privilegiato con Bergamini, le dichiarazioni rilasciate nel corso degli anni e quelle a lui attribuite, gli conferiscono una centralità molto più spiccata rispetto a tutti gli altri della squadra. E così, se dell’inchiesta Isabella Internò è il colpevole designato, lui rappresenta un po’ il convitato di pietra. È Padovano, infatti, a introdurre il tema dell’ormai celebre telefonata ricevuta da Bergamini prima di recarsi al cinema e seguita una breve conversazione che lo rabbuia. Michele ne parla con alcuni compagni, ma poi non ribadisce la circostanza davanti al pm Ottavio Abbate. Anzi, sposta la telefonata dalla stanza alla hall dell’albergo e non si dice nemmeno così certo che quel giorno Denis sia stato con qualcuno alla cornetta.

Vent’anni più tardi, fervono già le indagini della Procura di Castrovillari e lui, interrogato dai carabinieri, racconta di nuovo della telefonata in camera e del turbamento successivo dell’amico. Nessuno gli chiede conto di quel balletto di versioni, della sua presunta incursione fuori dal “Garden” e di altro ancora. Eppure ci sono almeno due episodi che avrebbero meritato un qualche approfondimento. Padovano li racconta a Carlo Petrini nel corso di un’intervista poi inserita nel libro “Il calciatore suicidato”. Allo scrittore spiega che dopo il funerale di Bergamini, in casa di Isabella Internò c’era un clima allegro. «Mi hanno offerto anche da bere». Il secondo, invece, è relativo a un colloquio con Domizio Bergamini.

«Tuo figlio è uno stronzo», avrebbe urlato al papà di Denis, aggiungendo che se l’amico gli avesse confidato i problemi che lo assillavano, lui avrebbe potuto risolverli. Come? Rivolgendosi a una persona influente che lo aveva favorito nel suo trasferimento a Napoli. Ai magistrati, Padovano non racconta nulla di tutto ciò, sia nel 1990 che nel 2011, ma quando Petrini si presenta da lui per chiedergli spiegazioni su quel suo sfogo, il calciatore la prende malissimo e gli strappa il registratore di mano, costringendolo così a trascrivere l’intervista a memoria.

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Quali sono, allora, i problemi che assillavano così tanto Bergamini nei suoi ultimi giorni, settimane, mesi di vita? Cos’è che lo ha spinto ad abbandonare il ritiro della squadra – circostanza giudicata inaudita per un atleta rigoroso come lui – e a recarsi in riva allo Jonio, cento km più a nord? Cosa lo ha portato a muoversi così pericolosamente sull’asfalto per poi… buio, mistero, sipario. E cosa possono sapere i suoi compagni di squadra, quelli dei giorni felici, custodi – chissà – di un frammento di verità in grado di fare luce laddove, trent’anni dopo o poco meno, sussistono solo ombre? Padovano ha qualcosa da aggiungere al riguardo? Proprio con lui si chiude idealmente il nostro racconto a puntate, nella certezza che se un giorno qualcuno riuscirà nell’impresa di aggiungere il capitolo finale, forse si sarà avvalso proprio del suo contributo.

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