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La stazione di Vaglio Lise teatro della violenza

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COSENZA – Nessun rapporto completo, ma solo dei palpeggiamenti nelle parti intime; e poi, lui e la sua piccola amica, in quello spiazzo desolato sotto alla stazione ferroviaria, c’erano già stati altre volte.

C’è questo e altro nel racconto del diciassettenne testimone della violenza sessuale consumata da un clochard di quarantun’anni ai danni di una ragazzina di tredici lo scorso venerdì 7 settembre (LEGGI LA NOTIZIA).

La sua versione non ridimensiona la gravità dei fatti, ma finisce per gettare un po’ di ombre sul racconto della vittima. Anzitutto, lei e il carnefice si conoscevano, un dettaglio che la tredicenne avrebbe omesso al cospetto del giudice. Francesco M., arrestato nell’immediatezza dai carabinieri, era noto alla coppia di amici perché già altre volte, in passato, si era prodigato con loro in approcci confidenziali. Sfruttando la loro giovane età, era riuscito ad attirarli altre volte in quel cortile recintato in zona Vaglio Lise che aveva eletto a propria dimora insieme ad altri senzatetto come lui. Loro lo avevano seguito un po’ per paura, un po’ per incoscienza, ma fin lì non avevano subito ripercussioni particolari.

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L’uomo aveva anche una pseudo fidanzata con la quale, in precedenza, si sarebbe prodotto in atteggiamenti osé proprio davanti agli occhi dei due minori. Questo il limite oltre il quale si era spinto; fino a quel fatidico venerdì. A tal proposito, il testimone ha confermato uno dei particolari più strazianti dell’intera vicenda: mentre il presunto orco ghermiva la sua amica, lui le teneva la mano per confortarla, condividendo con lei lacrime a dirotto.

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A suo dire, però, la violenza non sarebbe consistita in un rapporto completo così come riferito dalla vittima. Francesco M. le avrebbe messo le mani addosso, toccandola in modo insistente nelle parti intime, con in mezzo anche un tentativo non riuscito di abbassarle i pantaloni.

Ben altro, insomma, rispetto a quanto afferma la tredicenne, molto circostanziata anche nel descrivere un preservativo utilizzato per l’occasione dal suo aggressore e poi gettato via in un tombino dopo averlo bruciato, a stupro ormai compiuto.

(LEGGI LA NOTIZIA DELL’INTERROGATORIO)

Va da sé che i successivi accertamenti effettuati nel tombino in questione non abbiano consentito di rinvenire il reperto indiziante: anche questo è uno dei motivi per cui la misura cautelare nei confronti del quarantunenne è stata eseguita solo per sequestro di persona e rapina – cinque euro e pochi spiccioli che i ragazzi avevano in tasca e che sono stati costretti a consegnargli – e non per la violenza sessuale.

Rispetto a quest’ultima accusa, resta indagato a piede libero in attesa che si dissolvano le ombre residue che ancora avvolgono la faccenda.

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