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Cosenza ieri in piazza per dire no alla violenza di genere

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COSENZA – Ieri sera, a piazza XI Settembre, circa un migliaio di donne e uomini, di tutte le età si sono riuniti in un corteo per dire basta a un’epidemia che continua a mietere vittime: la violenza contro le donne. Un grido corale ha squarciato il silenzio che spesso avvolge la violenza di genere. La scintilla di questa manifestazione è stata l’atroce vicenda di Giulia Cecchettin, diventata simbolo di un problema diffuso e radicato all’interno della nostra società.

Lo striscione che ha guidato il corteo per le principali arterie cittadine portava un messaggio chiaro e diretto: “Se domani non torno bruciate tutto. Per Giulia e per tutte”. Una dichiarazione di dolore e rabbia, un grido per tutte le donne che vivono sotto il controllo e la sottomissione, che troppo spesso culmina nella brutalità e nell’omicidio. Una denuncia accorata contro una società che, nonostante i progressi compiuti, continua a chiudere gli occhi di fronte a un’emergenza impellente.

Vittoria Morrone (Assemblea cittadina contro la violenza di genere) ha dichiarato: «Credo che si sentisse il bisogno di condividere e collettivizzare questa rabbia per quello che è successo a Giulia e a tutte le donne che quest’anno sono state uccise per mano del proprio partner, ex partner o all’interno del proprio nucleo familiare. In piazza, rivendichiamo l’assenza delle istituzioni; vogliamo azioni concrete. Non accettiamo che su questo tema si faccia retorica politica o, peggio ancora, propaganda. Abbiamo bisogno di più finanziamenti per i centri antiviolenza e le associazioni che si muovono ogni giorno sul territorio per contrastare questo fenomeno».

L’attivista ha evidenziato l’importanza di introdurre l’educazione affettiva e sessuale nelle scuole in quanto «i maschi vanno educati fin da piccoli. Siamo stufe di vivere in uno stato di allerta costante. Vogliamo vivere libere!».

Per la presidente del Centro antiviolenza Roberta Lanzino di Cosenza, Roberta Attanasio, «la tragica morte di Giulia ci spinge ancora una volta a riflettere su quanto c’è da fare e sul fatto che nel 2022 il Governo aveva stanziato 17 milioni di euro mentre nel 2023 solo 5 milioni: questo è indice di un arretramento di tutte le politiche di prevenzione e contrasto alla violenza. Inoltre, il nostro Paese non è assolutamente in linea con le indicazioni della Convenzione di Istanbul. Sul territorio, non abbiamo una distribuzione omogenea dei centri antiviolenza».

A proposito della grande partecipazione della cittadinanza al corteo, ha aggiunto: «Sono contenta che piazza XI Settembre si sia riempita anche di volti nuovi e giovani. Ciò significa che il problema è particolarmente sentito dalla comunità». La manifestazione ha trovato il suo culmine davanti al Comune di Cosenza, dove attivisti appassionati hanno preso la parola ribadendo l’importanza di unire le forze in questa battaglia e sottolineando che la lotta contro la violenza di genere è una questione che coinvolge l’intera collettività.

La signora Erminia, con i suoi 75 anni, ha urlato a gran voce: «Vi voglio ricordare che 50 anni fa, in questa città, nasceva il primo gruppo femminista. Abbiamo lottato per il divorzio, l’aborto, la contraccezione libera e portato avanti tante altre battaglie. Ma su una cosa non abbiamo vinto: il patriarcato. Ci hanno sempre detto che non esisteva. Ma non è così. Il patriarcato esiste in famiglia, nei posti di lavoro, nelle università. Dobbiamo abbatterlo! La cultura dominante vuole i maschi sempre performanti e primi sul lavoro. Questo è un modello così datato che fa schiave noi ma fa schiavi anche loro».

Come riporta uno dei manifesti, 3mila donne sono state uccise dal 2000 al 2018. Cosenza ha preso posizione, abbracciando una causa che va oltre i confini regionali, gridando forte contro un’epidemia silenziosa che ha lasciato troppe cicatrici invisibili. Cosenza si è unita a un coro nazionale che chiede un cambiamento culturale radicale e un impegno concreto contro la violenza di genere. Per Giulia e per tutte, la città ha alzato la voce e ha detto basta.

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