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Lo scavo portato alla luce

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TREBISACCE (COSENZA) – Alla prudenza e al riserbo delle autorità preposte, fa da contraltare l’impellente volontà dei cittadini di conoscere le origini di quel selciato in pietra, emerso durante uno scavo su Viale Kennedy, periferia sud di Trebisacce, una volta strada statale 106 jonica.

“C’è l’oro sotto i nostri piedi. Qui nella Sibaritide basta uno scavo per riportare alla luce tesori archeologici”. Così su una pagina Fb Emilio Panio, docente di lettere presso l’Istituto Aletti, che di quell’acciottolato venuto alla luce su Viale Kennedy non ha esitato a farne un dossier con tanto di foto.

Prudenza e riserbo però costituiscono la parola d’ordine di quanti sono impegnati a capire archeologicamente di cosa si tratta. A cominciare dal sindaco Franco Mundo che si è attivato immediatamente allertando il presidente dell’Associazione per la Storia e l’Archeologia della Sibaritide, professore Tullio Masneri il quale, a sua volta, ha interessato del rinvenimento la Soprintendenza archeologica di Cosenza che ha avviato l’indagine conoscitiva per risalire all’epoca di quell’acciottolato.

Le linee di pensiero al momento sono diverse e contrastanti. C’è chi ritiene possa trattarsi semplicemente della base della vecchia statale sulla quale è stato poi steso il catrame e che invece ritiene possa trattarsi della “Strada Traianea”, di epoca romana, che collegava Taranto a Reggio Calabria e che sopra quella strada romana, negli anni trenta, fu costruita la statale 106.

Altra ipotesi: sopra questa strada negli anni trenta, quando fu costruita in breve tempo la statale 106, fu steso uno strato di pietre fluviali, le stesse che si usano per le massicciate sotto i binari ferroviari e fu asfaltata. A far propendere l’idea che possa trattarsi della strada di epoca romana “Regium – Apulia” che collegava Calabria e Puglia è la prossimità dell’acciottolato emerso su Viale Kennedy in Contrada Chiusa, con un sito venuto alla luce qualche anno fa, a circa dieci metri a nord dell’attuale scavo, in cui vennero rinvenuti i resti di un magazzino di una villa romana in cui erano custoditi diversi doli e anfore in cui si conservavano olio e vino.

“Quel sito – si commenta su di un network -, è una enorme fonte di storia e di cultura. E non può essere un caso che in linea d’aria sia quasi in direzione del sito Enotrio di Broglio”. Al di là delle varie ipotesi che si fanno sull’epoca dell’acciottolato, la certezza è che i cittadini sono ansiosi di conoscere se quelle pietre custodiscono un pezzo di storia anche locale.

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