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Luciano Lupo

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COSENZA – Ci sono video che meritano di diventare virali e di essere, questi sì, “inoltrati molte volte”, in quanto sani portatori di sane emozioni. Tra questi c’è certamente quello che immortala il recentissimo commiato di Luciano Lupo dalla Squadra Volante di Cosenza. Si vede un uomo nella sua divisa tirata a lucido, e che fatichi a credere possa essere in età da pensione, comunicare via radio con la centrale operativa. È la sua ultima giornata di lavoro e, dall’interno della “Pantera”, fatica a trattenere le lacrime mentre si congeda dai suoi colleghi. Sono parole fraterne e di fortissima appartenenza alla divisa e allo scudetto della Squadra Volante cucito sulla divisa e tatuato sul cuore.

L’emozione coinvolge tutti, anche dall’altra parte arrivano parole affettuose e di gratitudine. Alla fine Lupo augura a tutti “Buona vita” e chiude la comunicazione, col collega che gli dà un buffetto. Ancora non sapeva che, ad attenderlo fuori dalla Questura, c’erano le auto della polizia e dei carabinieri pronte ad azionare le sirene per salutarlo a dovere.

Ho visto, mi sono emozionato e ho pensato al mio “pensionamento” da giornalista. Si può dire che sono cresciuto professionalmente anche insieme a Luciano e alla “sua” Squadra Volante (conservo ancora gelosamente il gagliardetto con la firma sua e dei suoi uomini). Erano gli anni in cui si lavorava soprattutto con la penna e il block-notes. Col cellulare potevi al massimo mandare o ricevere qualche sms. Le notizie le annusavi (a volte prevedendole pure) e andavi a prenderle davvero sul posto, quindi anche invadendo gli uffici delle forze dell’ordine per “estorcere” qualche notizia in più.

E così ho conosciuto anche Luciano, tra l’altro combattivo sindacalista. L’avrò telefonato migliaia di volte in quegli anni indimenticabili, dove tra un articolo e l’altro si riusciva anche a organizzare qualche partita di pallone con la sua squadra, i “Red panthers”, vincitrice di più tornei nazionali. Un po’ tutti più giovani, si ruggiva appresso a un pallone, un po’ incerti se fare fallo a quell’agente che poi magari ti saresti trovato a un posto di blocco o sul luogo di un omicidio. Il fallo poi la facevi comunque e tutto finiva con una bella stretta di mano e pacche vigorose sulle spalle.

Le sue lacrime durante l’addio via radio ai colleghi di mille avventure mi hanno riportato così al mio ultimo giorno di lavoro in redazione. Avevo deciso di lasciare il giornale per fare il prof, altra gran bella avventura. Ero davanti al pc e non sapevo che fare. Mi telefonarono il direttore e alcuni colleghi per chiedermi come stessi. Le lacrime furono la mia risposta. Stavo per affrontare una nuova vita professionale, mettendo definitivamente da parte quella del cronista di nera e giudiziaria. Lasciavo i miei colleghi, il mio posto, i miei blocchetti. Una sorta di pensionamento, appunto. Mi avessero fatto un video, sarebbe stato più o meno simile a quello di Luciano. Quando per tanti anni si indossa una divisa ci si ritiene pronti a tutto, forgiati a ogni emozione. Poi arriva il giorno in cui devi chiudere il tuo pc, salutare la tua “seconda famiglia”, scendere dall’auto azzurra della Polizia e toglierti l’uniforme che fieramente hai indossato per tanti anni.

E non puoi che piangere. Che è poi lo sfogo di chi sa amare. Buona vita.

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