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La sede dell'Asp di Cosenza

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COSENZA – Dei fitti passivi dell’Asp di Cosenza, ovvero gli immobili non di proprietà dell’azienda ma attualmente in uso, non esiste una documentazione completa. Non si sa con certezza né quanto paga l’Asp a privati e altri enti, né precisamente il numero degli immobili. Neanche la ricognizioni avviata ad aprile è stata esaustiva. Una giungla dai costi altissimi, sprechi effettivamente mai quantizzati con precisione in una azienda che non presenta un bilancio consuntivo dal 2017.

Quello che però il gruppo di lavoro sulla ricognizione del patrimonio immobiliare ha trovato è una marea di strutture insicure, e carenti «dei requisiti minimi strutturali». La proposta, che è poi deliberata dall’Asp in un documento datato sei giugno firmata dal commissario Antonio Graziano, è quella di ripartire da zero, cancellare tutti i contratti di fitto aperti e avviare un riordino complessivo.

CANCELLARE E RICOMINCIARE DA ZERO

Chiudere tutto e rinegoziare. Il 30 maggio scorso la nota sulla scrivania del commissario dice più o meno questo. Ci sono «rilevanti difficoltà» nel «reperimento della completa documentazione relativa ai singoli contratti di locazione»: La proposta per un «definitivo riordino, non diversamente conseguibile» è «il recesso da tutti i contratti di locazione passiva in essere ed il successivo avvio di un iter procedurale teso a verificare la disponibilità di immobili da parte di enti pubblici e nel contempo a verificare la disponibilità alla rinegoziazione per l’eventuale stipula di un nuovo contratto». Il neo commissario, firma e dispone anche la creazione di una commissione permanente per la razionalizzazione del patrimonio.

QUANTI SOLDI? NON SI SA DI PRECISO MA OLTRE 2 MILIONI ALL’ANNO

L’Asp di Cosenza non presenta un bilancio consuntivo dal 2017, non si sa dunque quanto si spende complessivamente alla voce fitti passivi. L’unico “indizio” è nei bilanci preventivi sistematicamente presentati senza un consuntivo alle spalle. Le voci sono puntualmente marcate a zero, nessuna informazione chiara. L’ultima ricognizione disponibile risale al 2018 e sembra essere parziale. Il valore totale iscritto a bilancio dei beni indisponibili è di 80 milioni 590mila euro circa a fronte di un valore commerciale di oltre il doppio: 178 milioni 801mila euro circa. Sno invece 2 milioni 636mila 593,95, più o meno, gli euro che sborsa annualmente l’Asp di Cosenza per tenere attivi spazi non di proprietà. Costi oltretutto aumentati rispetto agli ultimi dati disponibili con (quasi) certezza e risalenti al 2015: 1.187.596,54 euro.

LA CORTE DEI CONTI INDAGA

La procedura di azzeramento sembra essere una manovra difensiva. Da diverso tempo la Corte dei Conti sta indagando nel mare magnum dei patrimoni delle aziende sanitarie calabresi. Nel 2018 l’allora consigliere regionale del Pd Carlo Guccione presentò un esposto sulla questione fitti passivi e attivi delle aziende. Un corpus documentale recuperato dopo una richiesta di accesso agli atti al dipartimento Tutela della Salute. Quattro giorni fa la prima stangata. Tre ex dirigenti dell’Asp di Vibo Valentia sono stati condannati al pagamento di 55mila euro complessivi. Non avrebbero vigilato in sostanza su quanto veniva fatto negli immobili che l’Asp aveva ceduto in fitto. In pratica erano stati occupati abusivamente per anni mentre l’Azienda di Vibo non avrebbe intrapreso nessuna azione legale.

Due dei condannati oltretutto svolgono ancora oggi ruoli apicali. Francesco Procopio è il commissario del “Pugliese Ciaccio” di Catanzaro. Bruno Calvetta è segretario  generale delle Camere di commercio di Vibo e Catanzaro. Nel frattempo le indagini proseguono e stanno interessando anche le altre aziende.

NON SI CONOSCE L’INIZIO, LE DATE, I CONTRATTI

Da una parte quelli concessi, a volte finiti persino ad ospitare delle pizzerie, dall’altro una marea di spazi in condizioni anche precarie che vengono sistematicamente “mantenuti” da tempo immemore. L’aspetto dei contratti è quello che preoccupa di più. Per la maggior parte non sono riscontrati. Non si sa la data d’inizio della loro stipula né in moltissimi casi il contenuto. Persi nelle sabbie del tempo. La maggior parte sono fuori norma, un aspetto che nel nuovo iter procedurale approvato dall’Asp viene sottolineato in più punti.

L’istruttoria infatti dovrà prevedere in primis le visure catastali degli immobili (in molti casi assenti), la «disponibilità ad applicare un canone di locazione quantificato secondo i valori medi di mercato con l’applicazione delle possibili riduzioni di legge», la disponibilità «all’eventuale adeguamento dell’immobile nel rispetto della normativa vigente» e, appunto, «la copia del contratto in essere indicante gli estremi della avvenuta registrazione». Si deve ricomincare da zero per forza.

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