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La protesta davanti alla sede dell'Asp di Cosenza

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COSENZA – “Il nemico è il padrone. No ai licenziamenti. Stop alla cassa integrazione”. E’ la frase riportata sullo striscione appeso davanti la sede dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza dai lavoratori delle strutture San Bartolo Misasi, a rischio licenziamento.

I rappresentanti sindacali hanno incontrato i dirigenti dell’Asp per rendere nota la situazione dei cinquantuno lavoratori per i quali è stata avviata la procedura di licenziamento collettivo. Secondo quanto riferito dai sindacati, la società iGreco, nella fase iniziale della procedura si era resa disponibile a trovare delle soluzioni, ma dopo una serie di incontri svolti in Confindustria “la società non ha garantito alcun passo indietro rispetto ai licenziamenti, il futuro dei lavoratori e delle lavoratrici resta appeso a un filo e nonostante le ragionevoli motivazioni avanzate dalle sigle sindacali, l’azienda si è dimostrata sorda e non disponibile ad un dialogo realmente produttivo, che potesse in qualche modo invertire la rotta”.

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Le figure professionali per le quali è stato chiesto il licenziamento ricoprono ruoli fondamentali per il buon funzionamento dei servizi all’interno delle cliniche. «Abbiamo evidenziato all’Asp, che è organo di vigilanza e controllo rispetto all’accreditamento, tutta una serie di irregolarità – ha dichiarato Ferdinando Gentile Usb Lavoro Privato – che ci sono secondo noi nella procedura di licenziamento. Bisogna intervenire nell’immediato e non possiamo permetterci di abbassare i livelli assistenziali sanitari di base».

I sindacati evidenziano che, sebbene nei Dca regionali sono indicati i requisiti minimi organizzativi che un’azienda deve rispettare, “un’eccellenza di prestazioni viene raggiunta soprattutto attraverso un aumento dei numeri di personale chiamato a svolgere prestazioni sanitarie rivolte ai pazienti, rispetto a quello indicato nei decreti stessi”. Nella procedura è indicata la soppressione totale dei servizi di portineria e di centralino, i quali in un periodo di emergenza sanitaria in cui i familiari delle persone ricoverate non possono visitare assiduamente i loro cari, rappresentano dei punti di riferimento importanti per la gestione dei pazienti e delle loro famiglie.

«I requisiti minimi dei Dca – ha aggiunto Alessandro Iuliano Fp Cgil – vanno rivisti perché è assurdo pensare che su quarantacinque posti letto siano necessari solo tredici infermieri e quattordici operatori». Tra le figure per le quali è previsto il licenziamento, inoltre, ci sono gli ausiliari e le educatrici. Nel primo caso, questi lavoratori potrebbero svolgere i servizi di pulizia, ma – secondo quanto emerso dagli incontri – la società preferisce esternalizzare il servizio. Nel secondo caso delle educatrici, invece, l’azienda prevede di soddisfare le esigenze di attività occupazionali per i 60 anziani presenti nella struttura con solo due lavoratrici, come previsto dal Dca. «Attività – ha poi concluso Giovanni Lopez Fp Cisl delegato sanità – che risulta improponibile a meno che non si ammetta una grave carenza nei servizi offerti agli utenti, i quali nella Rsa hanno il diritto di svolgere diverse e numerose attività ricreative e occupazionali».

I sindacati si rivolgeranno al presidente della Regione Roberto Occhiuto, al quale chiederanno un incontro per rivedere i requisiti minimi per le procedure di accreditamento delle strutture sanitarie private e la ricollocazione di questi lavoratori ultracinquantenni che non hanno alternative.

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