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Il capitano Angelo Corsi in lacrime

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Il Cosenza è retrocesso in Serie C.

Noi tifosi dei Lupi abbiamo una componente malinconica. Ci accade spesso qualcosa che ci danna l’esistenza. Può essere una classifica avulsa o la morte di un campione come Bergamini.
In questo anomalo ulteriore campionato pandemico siamo retrocessi guardando i monitor senza poter esprimere dolore e rabbia dalle gradinate. Era accaduto anche per la magnifica e fortunata salvezza del campionato scorso favorita da un calciatore cosentino vestito da altra maglia.

Ma c’è sempre altro dietro una retrocessione.

La sociologia del Novecento insegna che dietro successi e sconfitte di una squadra di calcio c’è quasi sempre l’andamento della sua economia e il valore del capitale umano.

Se guardo al Cosenza del decennio d’oro in serie B vede che esso coincide con un momento virtuoso della città e della sua provincia in diversi ambiti. La recente scomparsa di Giuseppe Carratelli, presidente della storica promozione, ha richiamato una stagione in cui gli imprenditori locali a Cosenza erano capaci di unirsi in un progetto comune di successo.

Tempi lontani. Con il recente ritorno in serie cadetta, si era visto un barlume di rinascita calcistica al tempo della movida effervescente cosentina che richiamava molta provincia a intrattenersi nel capoluogo e un breve risveglio sociale ancora non bene studiato.

Un piccolo nuovo corso favorito dal sindaco Occhiuto che dal cilindro era riuscito in tempi difficili a trovare la disponibilità di Eugenio Guarascio da Parenti, businessman regionale e presidente dei tempi attuali con il calcio adoperato come voce di bilancio di attività diversificate. Almeno ha avuto il garbo di chiedere scusa a tutti (LEGGI).

A Lignano più che nella sabbia d’oro il Cosenza 1914 è finito nella polvere. La città e i tifosi mugugnano a mezza bocca. Se il calcio sta messo male il resto non ride.

Il Comune è in dissesto finanziario. Giuseppe Cirò, uomo chiave per anni della macchina comunale, ha scritto il romanzo “La rivelazione” e attraverso l’espediente letterario narra sotto metafora vicende poco edificanti della politica locale.

Vibo Valentia è capitale italiana del libro mentre Cosenza la dotta ha la storica Biblioteca civica chiusa e il tetto distrutto. Nel centro storico i crolli continuano e feriscono la memoria in coincidenza con le giornate del Fai che non hanno in vetrina neanche un luogo della città.

In autunno si vota. Si parla molto di nomi-e poco non dico di programmi- ma scarseggiano anche le idee innovative.

Alla retrocessione del Cosenza in prima pagina abbiamo dato un titolo a una colonna. Era già tutto previsto. Alle vicende di Palazzo dei Bruzi neanche quello. I cosentini sono disinteressati alla politica.

Preferiscono leggere “La rivelazione”. Almeno si distraggono della serie C del calcio e del vivere civico.

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