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L'area urbana di Cosenza

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COSENZA – La proposta di modifica della legge sulle fusioni e l’istituzione della città unica che ingloberebbe Cosenza, Rende e Castrolibero sono tra i temi più caldi delle ultime settimane. Entrambe le proposte sono al vaglio delle commissioni regionali e infervorano il dibattito politico-amministrativo.

Sulle due questioni abbiamo intervistato Antonello Barbieri presidente dell’associazione nazionale fusione dei Comuni. Costituita nel 2017 ha il fine di rappresentare tutti coloro che in Italia guardano alle fusioni tra Comuni come a un utile strumento per un più efficace governo del territorio e di fornire un’assistenza tecnico-normativa.

In Italia sono state attuate 120 fusioni di Comuni, qual è il bilancio in tal senso e quali sono i vantaggi per le nuove realtà politico-amministrative?

«Posso citare un nostro recente studio, in cui abbiamo preso in considerazione gli aspetti socio-culturali, ebbene i sindaci dei comuni unici sono totalmente soddisfatti e rifarebbero tale scelta. Anzi consigliano la fusione ai loro colleghi. Le fusioni in Italia funzionano, anche da un punto di vista economico come dimostrano altri importanti e autorevoli studi di settore. I vantaggi sono notevoli e si riscontrano soprattutto nel complessivo miglioramento dei servizi».

Che idea si è fatto sulla proposta di modifica della legge regionale sulle fusioni in Calabria?

«Percepisco una certa confusione. Le Regioni hanno la prerogativa di modificare i confini del loro territorio, partiamo da questo presupposto. Ovviamente ci sono modi e modi di farlo. Serve un vero coinvolgimento dei territori, è una questione di metodo. La legge nazionale prevede che ci sia un referendum consultivo, nessuno deve scandalizzarsi se la Regione lo ribadisce. Nella fattispecie, pur non addentrandomi in dinamiche prettamente politiche che non conosco, la proposta di modifica può essere interpretata come una volontà e un’ulteriore forzatura dei proponenti. Un segnale poco piacevole, soprattutto per i sindaci. Qualora una Regione proceda a una modifica della legge, noi condividiamo ad esempio, soprattutto nelle grandi realtà, la condizione per cui il sì al referendum sia vincente e calcolato nei singoli Comuni. Credo sia un errore politico più che tecnico procedere senza tener conto dell’opinione delle popolazioni».

Otto consiglieri regionali di maggioranza hanno depositato una proposta di legge per l’istituzione della città unica Cosenza-Rende-Castrolibero. Cosa ne pensa?

«Il mio è un giudizio negativo perché la proposta di legge non coinvolge i cittadini, non c’è stato in via preliminare uno studio di fattibilità e il meccanismo di legge (ancor più con le modifiche che potrebbero essere apportate) rischia di mortificare la volontà popolare. Un discorso a parte meritano, in generale, le eventuali resistenze che provengono dalla politica. Accade spesso in tutta Italia che gli amministratori non vogliono le fusioni perché sono morbosamente gelosi della fascia tricolore oppure eccessivamente attaccati alle loro indennità».

Tra gli argomenti più spinosi c’è il grave dissesto finanziario del Comune Cosenza. In base alla sua esperienza sarebbe un ulteriore ostacolo verso la fusione? 

«Esistono dei precedenti in tal senso. E i cittadini del Comune unico “sano” hanno votato no alla fusione lamentando la prospettiva di accollarsi i debiti altrui. Da un punto di vista tecnico non si tratta di un ostacolo insuperabile ma credo che anche in questo caso sia sbagliato l’approccio. Un Comune con quei problemi finanziari per quale motivo dovrebbe coinvolgere altri Comuni con bilanci migliori in un progetto di fusione? Dall’esterno, mettendomi nei panni della Regione, non capisco perché si vuole insistere su Cosenza, Rende e Castrolibero e invece non si pensa a un sostegno finanziario per Corigliano Rossano dove la fusione ha effettivamente registrato qualche problema».

In molti storcono il naso sulle tempistiche della fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero. Il 1° febbraio 2025 è una data fattibile?

«Si può fare, in linea teorica. La media è in effetti di due anni, se ovviamente si procede spediti. Ma per come è strutturata la proposta di legge regionale spero sinceramente che ciò non avvenga. Credo che in Calabria ci siano altre realtà che chiedono e necessitano delle fusioni ma anche qualora si volesse procedere con Cosenza, Rende e Castrolibero nutro dei timori sul buon esito amministrativo del progetto».

Insomma anche lei teme gli effetti della cosiddetta “fusione a freddo”?

«Questa è a tutti gli effetti una fusione a freddo, a mio avviso. Se non vengono coinvolti i cittadini non si va da nessuna da parte. Questi tre Comuni hanno mai sperimentato concretamente funzioni associate? Mi pare che ciò non sia accaduto e lo ritengo inconcepibile nel momento in cui si propone una fusione. Partendo dal presupposto che le Unioni dei Comuni non funzionano, credo però assolutamente necessario un minimo di ragionamento condiviso sull’unificazione dei servizi».

In conclusione lei cosa suggerisce?

«La Regione, se proprio vuole procedere a una modifica della legge, potrebbe predisporre un referendum vincolante magari con qualche correttivo. Serve poi ovviamente uno studio di fattibilità serio e bisogna persuadere i Comuni a fare almeno un tentativo di collaborazione sui servizi. Solo procedendo in questa direzione la fusione a Cosenza, Rende e Castrolibero così come altrove, mostrerebbe i suoi vantaggi e le varie potenzialità».

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