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L'ingresso del Teatro dell'Acquario di Cosenza

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COSENZA – «A fine mese, se il proprietario della struttura non cambierà idea, dovremo riconsegnargli le chiavi del teatro». A parlare è Carlo Antonante, fratello di Antonello, scomparso lo scorso 6 luglio e storico “patron” dell’Acquario, a (serio) rischio chiusura.

«La situazione – continua Carlo Antonante – è ormai nota a tutti: sul teatro pende uno sfratto esecutivo, ormai giunto al termine. Gli ultimi giorni di luglio – precisa – incontreremo, oltre che il proprietario dell’immobile, anche l’ufficiale giudiziario: nel frattempo stiamo già procedendo al trasloco, almeno delle cose mobili».

Uno scenario assai triste. Considerando, soprattutto, ciò che quel luogo nel tempo ha rappresentato per l’intera città. Ma pure per il fatto che sia il ricordo fisico e tangibile dello stesso Antonello Antonante, che vi avvicinò cosentini e visitatori di ogni età e di ogni estrazione sociale. «Abbiamo avuto un incontro, nei giorni scorsi, col primo cittadino Franz Caruso, con il vicesindaco Maria Pia Funaro e con una rappresentanza di consiglieri comunali – aggiunge Antonante -. E sono stati molto disponibili: hanno messo a disposizione per la prossima stagione, che inizierà tra settembre e ottobre prossimi, il Cinema Italia-Tieri (di cui comunque è risultata vincitrice del bando per la gestione la Ditta Cgc Sale Cinematografiche srl, ndr). Certo – prosegue – questa è la “peggiore” delle ipotesi: nel senso che qualora ci spostassimo, significherebbe dare atto della morte dell’Acquario. Ma, del resto, un Comune in dissesto cosa può fare di più?».

L’amministrazione, intanto, promette di «pensare a nuove e ulteriori modalità per salvare il teatro del centro città» e, ad esempio, come già riportato sulle pagine di questo giornale, l’ex candidata a sindaco Bianca Rende ha avanzato una proposta particolare. Avviare una sorta di crowdfunding, «mettere a punto un organismo di natura pubblico-privata che si incarichi della gestione del teatro stesso».

«È sicuramente una bellissima idea – commenta Carlo Antonante -, ma bisognerebbe studiarne la fattibilità. Tra l’altro – chiosa il fratello di Antonello – anche noi un paio di anni fa ci avevamo pensato: tuttavia, si sa, non ci siamo riusciti, a realizzarla l’idea, perché persi e impantanati nei mille rivoli e risvolti della burocrazia teatrale. Ciò non toglie – dice ancora – che ci piacerebbe parlare con Rende “a tu per tu”, per analizzare meglio questa opportunità; come, poi, ci piacerebbe interloquire con tutti coloro i quali, anche semplici cittadini, abbiano un’illuminazione su come non far chiudere i battenti all’Acquario. Noi siamo aperti a tutto, ad ascoltare tutti».

Dalle parole di Antonante, nonostante il dramma personale sulle spalle e poi quello riguardante l’intera struttura con le conseguenze che ne deriverebbero, non trasuda alcun tipo di vittimismo. «Come appare, adesso, il futuro? Siete ottimisti in riferimento a una possibile soluzione?», chiediamo in ultimo. La risposta, data la premessa, non può che essere questa: «Siamo ottimisti, è da quarant’anni che lo siamo. Che facciamo teatro».

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