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Giuseppe Giudiceandrea

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COSENZA – «I sondaggi parlano chiaro e chi come me fa politica in strada, fra la gente, sente che sul nome del sindaco di Napoli monta forte il consenso del “popolo”. Non approfittarne sarebbe ingenuo e soprattutto autolesionistico».

La mossa del cavallo di Luigi De Magistris di costruire un laboratorio da modello emiliano per uscire fuori dallo schema classico partitico e annettersi scontenti della sinistra e di Cinque stelle dà subito segnali. Trova, infatti, entusiastica adesione da parte di Giuseppe Giudiceandrea, ex consigliere regionale di area progressista, e figlio d’arte di Rita Pisano, celebre militante comunista del dopoguerra immortalata da Picasso ed erede di Giovambattista. Due colonne del Pantheon del Partito comunista calabrese.

Abbiamo parlato con l’avvocato e dirigente politico di questo particolare momento di sommovimento nel centrosinistra calabrese.

“Grande è il disordine sotto il cielo, favorevole è la situazione” dice un antico pensiero di Mao Tze Tung. Pur con tanto disordine, mi pare che in Calabria la situazione non è per nulla favorevole al centrosinistra calabrese. Conviene?

«Concordo la confusione è tanta. Manca in realtà una testa, ma anche un luogo deputato ad assumere decisioni nell’interesse della collettività, sia a destra che a Sinistra».

E il centrodestra che partiva vincente…

«Berlusconi ha piazzato un “nome d’attesa” come Occhiuto credibile quanto improbabile per la candidatura alla presidenza».

Tra i due schieramenti il nuovismo civico arancione del suo nuovo leader di riferimento ne approfitta e chiama gli scontenti sotto le proprie insegne…

«Luigi De Magistris ha colto con intuito il vuoto disarmante nella politica calabra (o di ciò che ne resta) ma soprattutto sembra essere l’unico ad aver compreso che i calabresi del post pandemia non ne possono più di balletti di nomi per la candidatura alla presidenza della regione, come per i commissari per la sanità, e sembrano sempre più disponibili all’apertura di “credito” verso di lui».

Luigi De Magistris dice a Pd e M5S di costruire il laboratorio Calabria sul modello elettorale che fece vincere Bonaccini in Emilia Romagna. Una tattica ardita per spaccare e guadagnare nuovi alleati?

«Mi sembra una proposta intelligente ed ancor più praticabile. Siamo stati non più di un anno e mezzo fa alla ricerca disperata di un candidato alla presidenza che fosse in grado di sostituire Oliverio e conosciamo tutti come sia andata a finire».

C’è ancora Irto in campo, seppure in un quadro molto confuso.

«L’ottimo Nicola Irto ha dovuto dichiarare forfait di fronte allo stesso partito che qualche mese prima aveva messo nelle medesime condizioni lo stesso segretario nazionale Zingaretti».

Nicola Irto con l’Espresso ha parlato di pezzi del centrosinistra collusi con interessi comuni con settori del fronte avverso. Sarebbero quelli che vincono sempre comunque vada il voto. Lei che opinione ha su questa denuncia?

«Irto ha ragione su tutto. Spero si renda conto che quei “pezzi collusi col fronte avverso” però non hanno nessuna intenzione di volatilizzarsi da soli o di farsi da parte se non fino al prossimo ed ennesimo attacco al forte».

Intanto Carlo Tansi, ha abbandonato De Magistris e non manca di lanciargli frecce intinte nel curaro.

«Carlo Tansi spero col cuore che ci ripensi: la Regione ha bisogno di uomini intransigenti come lui per essere ricostruita dalle fondamenta ed insieme, magari si va più lenti, ma si arriva sicuramente più lontano».

Dalle sue parole comprendo che si sta mettendo gli abiti del pontiere capofila di questo nuovo sentiero politico? Ma non è che la sua è una scelta opportunista?

«Non sono un capofila. Diciamo che mi piacerebbe svolgere il ruolo di “facilitatore” per un’alleanza che parta dagli uomini e le donne che vogliono spendersi per la nostra regione e siano disposti a sacrificare simboli, storie e velleità personali finalmente nell’interesse comune. In una impostazione così sarei disposto a dare il mio contributo e non sta me scegliere in quale forma».

Non teme di essere dipinto come un giustizialista trasformista sposando la linea De Magistris?

«Non ho alcun timore. Se l’apertura fatta da De Magistris non dovesse essere colta da PD e M5s l’errore sarebbe evidente persino ai militanti ed iscritti, che già a centinaia chiedono non più sommessamente che si avvii un processo di unità vera, che prescinda dagli interessi di eletti e capicorrente e porti la Calabria lontano da 50 anni di consociativismo e dannoso rimpallo quinquennale di governo fra destra e sinistra».

Ma lei è stato un consigliere regionale. Era al governo con Mario Oliverio…

«Rivendico le tante cose buone realizzate durante il quinquennio dal sottoscritto: il registro tumori, la Pet, la fusione di Casali del Manco e Rossano Corigliano, la chiusura della discarica di Celico al conferimento di rifiuto “tal quale” , la riattivazione del treno turistico della Sila»

Non mi faccia però l’elenco dei suoi risultati.

«Fino ad un certo punto la Regione sembrava un cantiere in cui tutto era possibile. Poi i vecchi arnesi sono tornati a manifestare tutta la loro prepotente incapacità a costruire».

Cosa è mancato nel quinquennio Oliverio a suo parere?

«La coerenza, la continuità ed il coraggio di fare a meno di certi soggetti, di alcune liturgie e si sia rimasti vittime di quella sindrome di Stoccolma che per troppo tempo ci ha fatto ritenere intelligenti ed indispensabili i nostri stessi aguzzini».

Che campagna elettorale pensa di fare per ritornare in consiglio regionale? Non tema la concorrenza interna di liste e candidati più di movimento?

«Il ritorno in consiglio regionale non può essere il mantra. La mia idea fissa è la rivoluzione di tendenza. Vorrei che i 500.000 residenti in Calabria che vivono e lavorano fuori regione possano avere voglia ed opportunità di fare qui ritorno. Vorrei una sanità pubblica preminente, mentre quella privata investe i propri denari e non solo le risorse destinate alla pubblica. Vorrei una Calabria accogliente, sul modello Riace di Mimmo Lucano e non accattona ed avida di contributi europei sull’accoglienza. L’elezione eventuale è solo un incidente».

Lei proviene da un’area rossa storica calabrese, la Presila cosentina. Che aria tira dalle sue parti? Il voto di appartenenza esiste ancora in questo suo bacino di consenso…

«La Presila rossa è viva ma acciaccata, anche divisa se vogliamo. Credo che in questa tornata elettorale riserverà ancora una volta felici sorprese per tutti e tutte».

Anche lei in passato ha partecipato da protagonista a “Non è l’arena” di Massimo Giletti. Non pensa che anche lei ha contribuito ad alimentare un fenomeno di pessima reputazione della Calabria? Oppure partecipare alla televisione urlata è indispensabile ai nuovi meccanismi di consenso”?

«Credo sia un errore grave continuare a considerare alcune trasmissioni, seguite da milioni di spettatori, come un “non luogo” da evitare per non “sporcarsi”. Ritenevo e ritengo sbagliato non parteciparvi facendo sentire e dimostrare che esiste un’altra Calabria che “resiste” e combatte con metodi democratici e pacati ma allo stesso tempo decisi ed intransigenti».

Lei, a mio parere, cercava la grande audience. Sia onesto.

«Quella trasmissione non mi diede notorietà, ad esempio, ma mi consentì di ricordare in diretta alla Santanchè che in Calabria non vivevamo nelle baracche, a Di Pietro che era giusto mantenere in vita il gruppo dei Democratici Progressisti senza spese aggiuntive ed a qualche altro ospite (Nicola Adamo ndr) che era sacrosanto ridurre i vitalizi degli ex consiglieri regionali. La storia in quel caso mi ha dato ragione. Fra qualche mese vedremo se ne avrò avuta ancora oggi».

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