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Marcello Manna

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COSENZA – Per il sindaco di Rende, Marcello Manna, in queste settimane in Italia sta andando in scena una sorta di congiura del silenzio. «Fra meno di un mese si vota – dice il penalista – si parla tanto di amministrative, nessuno invece affronta il tema dei referendum».

Forse perchè siamo in presenza di quesiti troppo tecnici.

«In parte sì. E’ vero potevano essere inseriti quesiti con un maggior richiamo di carattere sociale, politico e di impegno civile. Penso ad esempio a quelli sull’eutanasia, sulle droghe leggere, sulla responsabilità civile dei magistrati. Forse non l’hanno fatto perchè sono temi troppo divisivi e il Governo rischiava davvero di spaccarsi. Eppure i presupposti sociali per questo tipo di quesiti ci sono tutti. E ci sono anche quelli giuridici. Ricordo che in commissione Nordio abbiamo fatto un grande lavoro, insieme anche ad alcuni redattori di Civiltà cattolica con i quali avevamo trovato punti di contatto sull’eutanasia».

Invece ai cittadini viene chiesto di esprimersi sulla giustizia…

«Capisco che lei insista sulla difficoltà per il cittadino comune di farsi un’idea compiuta, ma proprio per questo non possiamo far passare questo appuntamento sotto silenzio. Da presidente Anci dico che gli amministratori in particolare devono spingere quanta più gente possibile al voto».

Perchè voi amministratori?

«In primis per una questione di democrazia partecipata. In secondo luogo perchè c’è un tema che a tutti gli amministratori d’Italia sta molto a cuore ovvero la legge Severino che è una norma ingiusta».

Perchè?

«Perchè basta una sentenza di primo grado, quindi non definitiva per far venir meno le funzioni di amministratore. C’è un automatismo che non funziona. Noi in Calabria in questi mesi abbiamo un esempio lampante come Falcomatà. La città metropolitana di Reggio Calabria sta toccando con mano gli effetti di una legge ingiusta».

Questa al limite si può capire, ma la separazione fra pm e gip… perchè le due funzioni non sarebbero intercambiabili?

«Anche qui le potrei fare mille casi. Pensi a Davigo che ha fatto per tanti anni il pm e adesso è giudicante. Il problema sta tutto nell’approccio giuridico e metodologico. Chi fa l’inquirente ha una sua impostazione che è diversa da quella del giudicante. La separazione delle carriere è una garanzia in più per il cittadino».

Mi fido della sua esperienza giuridica. Altro tema caldo è quello della custodia cautelare

«Si qui c’è poco da spiegare. Ritengo che ci sia un uso eccessivo della carcerazione preventiva come anticipazione di una pena che non sempre arriva. Pensi a Sandro Principe che è stato costretto 100 giorni ai domiciliari per poi venire assolto con formula amplissima».

C’è poi un quesito sui meccanismi elettorali del Csm, ma qui rinuncio anche a farle la domanda…

«Sì capisco. Ma le ribadisco che quando i cittadini sono chiamati a votare debbono farlo. In questo caso per dare un segnale al legislatore e scuoterlo dalla sua inerzia. Noi abbiamo il dovere di richiamare tutti all’impegno civile perchè il silenzio è assordante, il quorum è alto, ma la posta in gioco è importante. La giustizia sembra molto lontana dai cittadini tranne quando questi non vengono toccati personalmente. Solo allora si accorgono che non sempre funziona tutto come dovrebbe e che insieme alla malasanità c’è anche la malagiustizia».

Però è impensabile una riforma della giustizia attraverso i referendum.

«Guardi questi referendum cadono mentre si sta lavorando ad una riforma della giustizia. Questo la dice lunga sullo spirito con cui arriviamo alla consultazione. Le basti pensare che l’Unione delle Camere penali che pure ha avanzato una serie di proposte non è stata neppure consultata. Tocca allora ai cittadini dare un segnale».

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