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Dante Liporace

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COSENZA – Ha origini e cultura gastronomica calabresi lo chef ai fornelli della Casa Rosada, il palazzo del governo argentino. «La mia italianità nasce dai ricordi d’infanzia con i nonni Pasquale e Mafalda, che venivano da Sant’Agata di Esaro, un paesino vicino a Cosenza»: a sottolinearlo è Dante Liporace, lo chef della Casa Rosada a Buenos Aires.

«Qualche tempo fa venni convocato dal presidente Mauricio Macri, mi chiamarono tra l’altro anche per valutare lo stato delle cucine della sede del presidente. Tutto era in realtà sporco e deteriorato…un pò come il Paese in quel momento», ha raccontato Liporace, 39 anni, al quotidiano “L’Italiano” di Buenos Aires.

«I miei piatti hanno un’ispirazione italiana, come la scelta dei prodotti, la cura e la provenienza, credo che tutta la cucina argentina senta la presenza dell’italianità. Ci manca però riscoprire l’alta cucina italiana amalgamata a quella argentina, le contaminazioni più attuali», precisa lo chef, il quale risponde senza esitare su quale sia il suo piatto preferito: «gli spaghetti con un buon ragù», che però, sottolinea, «è un piatto molto difficile da trovare in Argentina. Direi quasi impossibile».

In un posto come in Calabria «ci si sente in una dimensione in armonia con la natura e, come professionista della cucina, si apprezza molto il prodotto naturale, quello che raccogli tu stesso, ormai un pio sogno nelle nostre città», ha aggiunto Liporace, il quale non nasconde qualche difficoltà nell’imparare i segreti della cucina «artigianale» italiana.

«Non riuscivo – ha ammesso il cuoco – per esempio a fare i maccheroni a ‘ru fierro come avevo visto fare dalle mie nonne, con quella abilità che nasce dall’esperienza e dalla vita di paese. Proprio non riuscivo e quasi invidiavo la scioltezza e naturalezza dei loro movimenti, sempre uniforme e preciso. Ce n’è voluto…ma alla fine ho imparato».

Sui criteri sulla base dei quali prepara i propri piatti quando alla Casa Rosada arriva qualche ospite Vip, Liporace sottolinea di verificare accuratamente «le tradizioni» dell’invitato. E ricorda che durante un pranzo qualche mese fa con Barack Obama «studiai ogni dettaglio per preparare un menu consono ai gusti e alle necessità» del capo della Casa Bianca.

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