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Don Ernesto scherza con i suoi ex colleghi

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LA SUA storia desta molta curiosità e fa riflettere sul significato del cambiamento, un processo lento di morte e resurrezione interna, necessario per diventare parte di un disegno voluto da Dio. Un lungo travaglio interiore ha accompagnato il passaggio dell’ispettore di Polizia Ernesto Piraino a don Ernesto, attuale parroco della Chiesa di Gesù Cristo Salvatore a Praia a Mare e rettore del Santuario diocesano della Madonna della Grotta.

“Ho soltanto cambiato divisa – spiega – ma i valori che avevo ieri sono gli stessi di oggi, coltivo l’amore per la giustizia e sono sempre al servizio del bene. In me è rimasto il forte senso di giustizia, del dovere, della coerenza, lo spirito di aggregazione, mettersi al servizio dell’altro anche se in realtà è avvenuto qualcosa di nuovo e di diverso. Prima la mia vita era molto sbilanciata sul piano della donazione e del servizio, oggi sento la necessità forte e imprescindibile di avere spazi di intimità con il Signore. Paradossalmente vorrei che fossero molti di più i momenti di preghiera e di silenzio ma non sempre questo è possibile”.

Ernesto Piraino è nato quarant’anni fa in Germania. Suo padre Francesco, originario di San Marco Argentano, insieme alla moglie Assunta, emigrarono per lavoro ma dopo poco tempo decisero di ritornare a casa. E il piccolo Ernesto, che aveva appena quattro anni, vide per la prima volta la terra dei padri. Rimase nella sua comunità fino a 18 anni e poi dovendo fare il servizio militare che aveva rimandato per motivi di studio, gli si presentò l’occasione di fare dei concorsi sia in Polizia che nei vigili del fuoco. Li superò entrambi ma alla fine decise di fare il poliziotto. “Iniziò così quest’avventura – racconta don Ernesto -che non è frutto di una passione particolare ma inizialmente di un’opportunità. Solo in seguito si è trasformata in un lavoro e quindi in una scelta precisa. Ho vissuto quell’esperienza con grande trasporto, amavo non lasciare niente al caso e soprattutto sentivo la grande responsabilità del compito che dovevo svolgere. Se dovessi dare oggi un giudizio del poliziotto che sono stato, posso dire che ero fortemente intriso di senso del dovere e poco disponibile ai compromessi: davanti alla violazione di una norma di legge o dei diritti delle persone indifese, non riuscivo a negoziare. Quando indossavo la divisa ero molto rigido perché consideravo un onore ciò che rappresentavo in quel momento e volevo essere un monito per coloro che incrociavano la mia strada. Ho sempre avvertito la grande responsabilità delle funzioni che mi erano state affidate”.

Ernesto Piraino prestò servizio a Messina, Gela, Reggio Calabria e Scilla. E proprio in questa bellissima cittadina turistica situata su un promontorio all’ingresso dello stretto, iniziò ad avvertire una forte attrazione per la parola di Dio. Infatti, cominciò con il fare l’educatore per i giovani della parrocchia ma fu proprio durante l’adorazione eucaristica perpetua che comprese e sentì con chiarezza qual era la strada che gli veniva tracciata. “In realtà – continua don Ernesto – mi resi conto che qualcosa stava cambiando in me quando chiudendo la porta della cella di un uomo che avevo appena arrestato, mi sentii dire da lui che una volta in carcere mi avrebbe scritto perché lo avevo trattato con grande rispetto e comprensione. Questo episodio mi turbò e non poco perché non solo non mi aspettavo una simile reazione da parte di un detenuto ma compresi che qualcosa in me stava mutando e che la persona rigida che ero stata, si stava arricchendo di umanità, misericordia, perdono, fino a farmi pensare che l’errore dell’altro è anche il mio errore. E da quel momento in poi dovetti fare i conti con la giustizia di Dio che è diversa da quella degli uomini e che guarda alla redenzione. Il Signore mi ha aiutato a vedere in chi delinque una persona da aiutare, da incanalare in un percorso che possa realmente renderlo un uomo migliore. E per me tutto questo rappresentò un cammino nuovo e chi stava dall’altra parte della barricata evidentemente lo avvertì prima di tutti gli altri aiutandomi, a suo modo, a prendere coscienza di questa nuova dimensione che stava facendosi spazio nella mia vita e che poi sarebbe sfociata in un itinerario vocazionale. Per lungo tempo ho fatto orecchie da mercante alla chiamata di Dio, attribuendo le mie esigenze di preghiera e di dialogo con il Signore a una mia idea mistica della fede. Davo tante spiegazioni che non comprendevano mai l’ipotesi che si trattasse di una specie di corteggiamento da parte del Signore. Quando poi avvertii chiaramente la sua chiamata, i dubbi svanirono e con essi le tante vie di fuga che avevo cercato di trovare precedentemente comprendendo che tutto ciò che era accaduto fino quel momento, era stato propedeutico per la mia scelta sacerdotale”.

Sua madre Assunta, parlando di lui, lo definisce un bravo ragazzo che non le ha mai dato pensieri e che ha seguito la sua strada autonomamente. Spesse volte, però, ne ha colto il dissidio interno che lo ha attraversato e con dolcezza e intelligenza gli ha sempre fatto sentire la sua presenza consolatrice ma mai ha cercato di frapporsi in quel rapporto intimo e personale che intercorreva tra suo figlio e Dio. “Mia madre è stata un grande dono per la mia vita – spiega don Ernesto – e ciò che sono oggi lo devo a lei e al suo esempio. Non ho mai avuto nessun condizionamento da parte della mia famiglia ma hanno sempre avuto molto rispetto per le mie decisioni. Ricordo un po’ di trepidazione quando dovetti informarli della mia scelta e per questo portai con me il mio padre spirituale di allora e comunicammo insieme la notizia ma non ci fu in realtà un grande stupore in loro perché sia mia madre che mia sorella Valentina lo avevano ormai capito. Mio padre un po’ di stupore lo manifestò ma neanche più di tanto. Mio fratello Daniele che abita a Roma, quando glielo dissi, passò dieci, quindici giorni a cercare di capire cosa stesse succedendo ma poi accettò di buon grado la mia decisione. La mia stessa fidanzata intuì molto tempo prima quello che sarebbe accaduto. I miei colleghi quando hanno saputo della mia scelta hanno avuto una reazione meravigliosa. Francamente non me lo sarei mai aspettato ma sul piano emotivo li ho sentiti molto coinvolti al punto tale che alla mia ordinazione, l’11 febbraio del 2017, molti di loro hanno partecipato in divisa e sono venuti a cena con tutta la mia famiglia. È stata una conferma straordinaria e posso dire che oggi ho con tanti di loro un rapporto molto più intenso perché mi chiamano sempre per condividere le loro situazioni personali. Pochi giorni fa i miei pari corso mi hanno invitato a festeggiare i loro vent’anni di carriera perché mi considerano ancora uno di loro e questo a riprova che la Polizia è una grande famiglia. Un momento molto difficile della mia vita fu la perdita di mio padre Francesco che è mancato alla fine del mio primo anno di seminario. Ammesso che fossi ancora piccolo dovetti crescere in fretta e farmi carico delle vicende ospedaliere, del sostegno di mia madre e di tutto ciò che è conseguito da questa dolorosa vicenda che considero una delle provi importanti del mio percorso formativo. La prima, subito dopo la chiamata, fu un incidente in moto abbastanza grave ma nulla è paragonabile alla scomparsa di un genitore. La fede mi ha aiutato molto ad accettare quel profondo dolore”.

Tra i progetti futuri dell’ispettore Piraino c’era anche il matrimonio. Ma l’incontro con Dio scompigliò le carte e non fu facile per lui, prendere coscienza di ciò che stava avvenendo. La lotta fu dura ma alla fine riuscì a comprendere che la vita che aveva costruito fino a quel momento, non era in realtà ciò che aveva veramente desiderato. E lentamente, come in un puzzle, tutte le caselle andarono al loro posto e il disegno di Dio si concretizzò dandogli la luce della consapevolezza. “C’è stato il periodo del limbo, delle doglie del parto e non è stato assolutamente semplice – ricorda don Ernesto -. Quando ritorno indietro con la mente mi rendo conto che il Signore per un certo periodo di tempo mi ha fatto passare dal suo fuoco per poi farmi vedere la luce di una scelta che ancora oggi mi rende davvero felice, pieno, ma durante il discernimento, certo, nulla è stato dato per scontato anche perché essendo stata la mia una vita realizzata da tutti i punti di vista, sia sul piano affettivo che su quello professionale, il combattimento umano è stato forte perché in qualche momento mi sono chiesto perché se Dio mi stava chiamando mi aveva anche dato la possibilità di incontrare una ragazza con la quale addirittura pensare di formare una famiglia. Tante risposte, però, sono arrivate dopo nel senso che se le vocazioni non vengono messe alla prova rischiano poi di essere scelte affrettate o mal pesate. Quando invece c’è un certo travaglio ci sono buone probabilità che la vocazione sia autentica e che il Signore ci abbia scelti nonostante le apparenti incoerenze. E se lui sceglie vuol dire che si accontenta anche di ciò che appare quasi come uno strumento precario”.

Furono i Gesuiti a mettere il sigillo sul percorso vocazionale e formativo di don Ernesto attraverso due esperienze che lo hanno particolarmente segnato. “Nel luglio del 2015 – continua – durante il mio quarto anno formativo in seminario a Napoli, mi fu proposto dal mio parroco di tirocinio che stava a San Giovanni a Teduccio, uno dei quartieri più difficili della città, di accompagnarlo in una missione in Messico. Già da tempo sognavo di fare un’esperienza del genere e quando si presentò l’occasione la colsi con grande gioia. Ebbi così la possibilità di vivere per un mese in un luogo straordinario, a quattro ore di camionetta dal primo centro abitato e fu un periodo molto intenso anche se mi costò molto sul piano fisico perché contrassi una forma malarica, ma ebbi l’opportunità di condividere fino in fondo la sorte di un popolo tanto provato ma che non ha mai perso la gioia, il sorriso e la speranza. Il passaggio successivo, nello stesso anno, fu il ritiro a Bologna, in un centro anziani, sotto il santuario di San Luca. Poi mi avviai, accolto dal mio vescovo, don Leonardo Bonanno, verso le tappe finali passando per un tirocinio in parrocchia e poi le ordinazioni che ne seguirono. Però le due esperienze forti della missione e del centro anziani credo abbiano segnato questo percorso”.

Il poliziotto Ernesto Piraino destò non pochi dubbi nella stessa Chiesa quando manifestò le sue intenzioni di dedicare la sua vita a Dio. La cautela che accompagnò il suo percorso nasceva, oltre che da regole consolidate di comportamento, anche dal fatto che fosse una persona con una vita già ben consolidata e prima del grande passo, bisognava essere certi, lui per primo, che si stesse procedendo nella direzione giusta. “Credo che la Chiesa abbia vissuto nel giusto modo la mia vocazione – spiega don Ernesto -. Sono convinto che la prudenza oggi sia indispensabile. Il rischio è accogliere tutti indistintamente per riempire i seminari salvo poi doversi ritrovare con persone poco convinte. La mia decisione fu vissuta con grande senso di responsabilità perché il parroco di allora accolse la mia vocazione ma non mi fece rinunciare immediatamente al lavoro. Tutt’altro. Mi chiese di continuare a fare il poliziotto e studiare visto che, dopo aver rinunciato agli studi di Giurisprudenza avevo già intrapreso gli studi teologici da laico. Inoltre, contemporaneamente iniziai il mio percorso formativo in seminario. Non fu molto semplice reggere il ritmo ma la fede mi aiutò a superare anche questo momento”.

Don Ernesto, quando i suoi impegni parrocchiali glielo consentono, partecipa a una trasmissione settimanale su Radio Dgs, “Luce e tenebra”, condotta da due laici non credenti. Legge il vangelo della domenica successiva, lo commenta e poi si apre un piccolo confronto con un punto di vista altro, che non è quello della fede e che generalmente conduce a dei terreni comuni. “Sono assolutamente felice della mia nuova vita – conclude -. Anche a Praia a Mare, da circa due mesi, stiamo facendo l’esperienza dell’adorazione perpetua, un Dio pronto ad accogliere chi ha bisogno di lui, di giorno e di notte. E quante tragedie si sono evitate avendo la possibilità di poter incontrare il Signore quando si ha più bisogno di lui. Ciò che vorrei però è avere molte più ore per stare con il Signore, nutrire la mia parte contemplativa e dissetarmi alla fonte di Dio”.

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