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Leonardo Di Donna

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Poche righe di agenzia ieri mattina hanno annunciato la morte di Leonardo Di Donna, che avrebbe compiuto 90 anni il prossimo 28 ottobre. In passato le sue vicende tra luci e ombre hanno occupato le prima pagine dei giornali nazionali.

Nato a Cosenza, figlio di un commerciante di stoffe, proprietario di un accorsato negozio sul centralissimo Corso Mazzini, veniva da quel tempo in cui anche la piccola borghesia di provincia, grazie allo studio era in grado di salire sull’ascensore sociale per raggiungere i piani alti della Repubblica, al punto da diventare “potere forte”.

L’Ascesa di Leonardo Di Donna dai Mattei Boys ai vertici di Eni

Di Donna diventerà un Mattei boys. Enrico Mattei, patron e fondatore dell’Eni, uno dei grandi polmoni del boom economico italiano. Una scuola fondamentale per il giovane cosentino a stretto contatto con “l’incorruttibile corruttore” dell’industria italiana, colui che per sua dichiarata teoria adoperava i partiti come taxi, non per arricchimento personale ma per missione superiore con il finanziamento occulto.
Il giovane fiscalista entra nell’Eni nel 1957. Viene assunto a Palermo. Scopre un ammanco che denuncia ai superiori. Viene notato e farà carriera. Diventerà direttore finanziario dell’azienda del cane a sei zampe, resta in alto anche dopo la morte di Mattei, nel cono d’ombra di Cefis, arriva ad essere vicepresidente della multinazionale di Stato. Resterà immerso dietro le quinte fino al 1979.

Il ruolo di Leonardo Di Donna nello scandalo Eni-Petronim tra Psi e P2

L’Eni è feudo socialista. Il presidente si chiama Giorgio Mazzanti. Nella guerra delle correnti sta con la sinistra di Claudio Signorile e Fabrizio Cicchitto. Il cosiddetto scandalo Eni-Petromin vivacizza non poco la vita della Repubblica. Mazzanti ha firmato un contratto con il principe d’Arabia, Fahd Al Saud per forniture di petrolio. Gli emiri hanno preso una tangente milionaria in dollari. Ma una parte di quel denaro è destinata alla corrente di Signorile per sbalzare Andreotti e Craxi conquistando giornali e consenso. Molti fanno parte della P2 di Licio Gelli: Cicchitto, Mazzanti e anche Leonardo Di Donna.

Ma non tutti giocano la stessa partita sul risiko del potere. Di Donna è craxiano di stretta osservanza e la P2 passava in secondo piano rispetto alla corrente. Mazzanti lo tiene all’oscuro di tutto. Clamoroso errore. Sarà lo stesso Di Donna a ricostruire il fatto con Alberto Statera di Repubblica: “Lei sa che sono una persona piuttosto sveglia. E lo sa anche Mazzanti. Come faceva allora a pensare che io avrei accettato una questione così delicata senza conoscerne i dettagli? Insistevo a chiedere: perché vogliamo usare una società panamense per la provvigione? Poi l’ho capito. Perché il sovrapprezzo era una cosa un pochino diversa”. C’era la supertangente contro Bettino.

La riconoscenza di Bettino Craxi

Di Donna informa Craxi e Formica. Si scatena l’inferno contro Signorile. La vicenda sarà ricostruita dallo stesso Craxi nell’audizione della Commissione d’inchiesta sulla P2: “Quando noi sollevammo la questione Eni-Petromin… un attacco forsennato ci veniva da tutte le parti… Chi nell’ambito dell’establishment, che sembrava osservare le regole dell’omertà e della complicità, tenne una posizione ferma a sostegno della verità fu un dirigente dell’ Eni che si chiamava Di Donna. Il segretario del Psi non fu rovesciato, il contratto andò in cavalleria, la tangente di centinaia di miliardi andò a finire in fondo al mare e noi mantenemmo nei confronti di Di Donna un atteggiamento di riconoscenza per la fermezza con la quale tenne quella posizione”.

Una riconoscenza importante ribadita anche davanti alle telecamere di Mixer. Leonardo Di Donna in quegli anni a Cosenza viene poco. Rare segnalazioni di assunzioni per qualche concittadino da assumere nella galassia Eni. È solo gran consigliere del fratello commercialista, anni dopo il nipote di Leonardo sposerà in seconde nozze la figlia del senatore Franco Covello, Stefania, parlamentare della Seconda Repubblica. Torniamo alla Prima. Giacomo Mancini si tiene a distanza da Leonardo, a differenza del cugino Gaetano, craxiano di osservanza e di casa nelle Partecipazioni Statali.

Il veto di Pertini per la guida Eni e l’Acqua marcia

De Michelis lascia la sinistra socialista in dissoluzione. Approda anche lui a Craxi e Leonardo Di Donna sta spesso al quinto piano dell’Hotel Plaza a Roma. Nel 1982 il doge di Venezia e Bettino vogliono premiare Di Donna e mandarlo a dirigere l’Eni. Ma fa muro il presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini, che pone veto per la tessera della P2 del socialista cosentino. Il paracadute per Di Donna sarà la presidenza dell’Acqua Marcia, altra partecipata statale. Poi Di Donna s’inabissa.

Tangentopoli, l’assoluzione e la soddisfazione di Craxi

Tornerà alle cronache con un’altra celebre inchiesta. Quella del Conto protezione nata su un appunto sequestrato a Licio Gelli. È scoppiata Tangentopoli. La vicenda giudiziaria nel corso del tempo verrà a sgonfiarsi con la Cassazione che cancella ogni condanna con conseguente appunto soddisfatto di Craxi scritto ad Hammamet da esule o latitante secondo i punti di vista.

Gli anni del ritiro nel silenzio del privato

Di Donna sparirà dalla scena pubblica. Chiuso nel suo privato e tra i ricordi di una vita e forse qualche segreto che non ha mai voluto rivelare. Nei libri di storia qualcuno ricostruirà che le sorti della Prima Repubblica furono anche decise da un calabrese, boiardo di Stato difficile da buggerare.

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