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La discussione della tesi di Francesco Buccafurri

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RENDE (COSENZA) – Trent’anni fa si laureava all’Università della Calabria il primo ingegnere informatico d’Italia. Era il 10 aprile 1991, di personal computer se ne vedevano davvero pochi in giro e il World Wide Web aveva appena due anni di vita. La stessa laurea in Ingegneria Informatica era stata istituita in Italia solo nel maggio del 1989, introdotta con la modifica all’ordinamento didattico delle Facoltà di Ingegneria.

La rapidità con cui l’Università della Calabria aveva aderito alla novità, attivando in un colpo solo tutti gli anni di corso, e la passione che il neodottore Francesco Buccafurri aveva già maturato per l’informatica nelle aule del campus, permisero di accelerare i tempi.

«Convertire tutti gli insegnamenti del nostro quinquennio di Ingegneria industriale, per consentire agli studenti già iscritti il passaggio a Ingegneria informatica, fu un lavoraccio. Una bella lotta con la burocrazia! – racconta Domenico Saccà, professore ordinario di Sistemi di elaborazione delle informazioni e principale fautore della nascita del nuovo corso di laurea – Ma ci aiutò molto l’aver già introdotto diversi insegnamenti di informatica nel piano di studi esistente».

Lo stesso Saccà era arrivato all’Unical pochi anni prima, nell’87, per insegnare programmazione. «Seguendo il suo corso mi innamorai dell’informatica. Così, quando arrivò la possibilità di chiedere il trasferimento di corso, lo feci subito» ricorda Francesco Buccafurri, oggi professore ordinario all’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria. Era prossimo alla laurea, quando fece il cambio di corso. Sostenne i pochi esami aggiuntivi richiesti dal nuovo piano di studi e fu il primo (e l’unico) in quella sessione di aprile del ’91 a essere proclamato dottore in Ingegneria informatica. La tesi discussa, con relatore il professor Saccà, era in programmazione logica. «Il primo pc che acquistai, per casa, fu un M24 Olivetti, durante gli anni di università. Ma al Centro di Calcolo dell’Unical, dove si facevano le esercitazioni, mi imbattei anche nelle “leggendarie” schede perforate. All’epoca non venivano ormai più usate, ma c’era ancora qualche pacco in giacenza» ricorda Buccafurri. Preistoria, se pensiamo alla potenza di calcolo che oggi garantisce lo smartphone che teniamo in mano. «Impensabile in quegli anni. Ma il nostro vantaggio fu quello di capire che il futuro era lì, anche in quei primi calcolatori, in quella prime schede perforate – continua – E di questo devo ringraziare il professore Saccà, che è stato un precursore e il creatore dell’informatica calabrese».

Dopo la laurea Buccafurri proseguì gli studi sempre all’Unical, con il dottorato di ricerca. «Un’altra figura chiave, una guida, per la mia formazione è stato il professor Nicola Leone – prosegue – L’ho incontrato durante il mio dottorato, lui era già un giovane ricercatore, e l’ho ritrovato poi all’Università di Vienna qualche anno dopo».

Buccafurri oggi è un esperto nel campo della cybersecurity e componente della commissione nazionale del ministero dell’Università per la definizione del Pnr (Piano nazionale della ricerca) in questo settore. «Partendo da Cosenza e dall’Unical, oggi possiamo dire che esiste un ecosistema regionale di informatica che comprende anche le università di Catanzaro e Reggio. Tre poli che hanno tutti raggiunto ottimi risultati e successi e che collaborano tra loro in modo proficuo» dice Buccafurri. «Sì, la nostra visione ha creato una scuola di informatica e di ingegneria informatica che ha messo radici in tutta la regione – aggiunge Saccà – E credo che aver spinto tanto e aver accelerato i tempi trent’anni fa sia stato un vantaggio non trascurabile. A qualcuno sembrava un’eresia, c’erano resistenze tra i colleghi. Agli inizi degli anni ’90, c’era chi pensava che in fondo non fosse neanche ingegneria o che lo fosse poco. E i conservatori non si fidavano troppo di questa novità. Ma io ero stato nell’82 in California, all’IBM Laboratory di San Jose. Nella stanza accanto alla mia c’era il loro pc, che all’epoca sembrava un giocattolo. Poi ero stato tra l’85 e il 90 al Centro di ricerca Microelectronics and Computer Technology Corporation (MCC) di Austin, dove si iniziava a parlare di intelligenza artificiale. Lì non si faceva fatica a immaginare quale sarebbe stato il futuro – racconta Saccà – E anche all’Unical cominciavamo a conoscere già bene il contesto: avevamo una workstation Sun, un sistema distribuito all’avanguardia. Eravamo insomma abituati all’innovazione e la portavamo già nella ricerca, nella formazione, nel trasferimento tecnologico».

Anche i ragazzi erano già proiettati in avanti: al varo del corso di Ingegneria Informatica, nel 1990, le matricole iscritte al primo anno erano circa 150. «E mentre la scuola calabrese di informatica e di ingegneria informatica cresceva e si affermava, abbiamo anche assistito in questi 30 anni al proliferare di iniziative industriali sul territorio, con il progressivo aumento di addetti occupati. Il nostro problema resta la distanza della domanda – dice Saccà – L’obiettivo ora è far avvicinare sul territorio l’offerta di alta qualità con una domanda innovativa».

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