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Un'immagine d'epoca della rivolta in Ungheria

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Nanni Moretti ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica la rivolta in Ungheria, ecco come si schierò nel ’56 il Pci di Cosenza

COSENZA – L’ultimo film di Nanni Moretti, “Il sol dell’avvenire” ha riacceso i riflettori sulla repressione della rivolta ungherese da parte dell’Unione Sovietica nel 1956, uno degli avvenimenti più importanti della Guerra Fredda. Si trattò di una sollevazione armata di carattere antisovietico nell’Ungheria socialista con il consequenziale intervento militare dell’Urss e che in poche settimane registrò complessivamente oltre tremila vittime.

Per molti comunisti i fatti di Budapest rappresentarono una sorta di spartiacque ma in pochi, anzi pochissimi, ebbero all’epoca la forza e il coraggio di condannare, o quanto meno mettere in discussione, il brutale atto repressivo dell’Urss. D’altro canto la rigida e manichea contrapposizione tra il blocco orientale e il Patto atlantico degli anni Cinquanta offriva pochi margini di manovra in tal senso. Le scelte di campo erano obbligatoriamente nette e quasi preconfezionate.

Da una parte l’Unione sovietica e dall’altra gli Stati Uniti d’America, il mondo gravitava attorno a questo dualismo che consentiva poche “digressioni”. La guerra era finita da poco più di un decennio ma soffiavano nuovi venti bellici destinati a dividere ideologicamente (e non solo) l’Europa. In Italia le prese di posizione all’interno del Pci contro l’invasione dell’Ungheria (che per i comunisti filosovietici era in realtà una lotta per neutralizzare i controrivoluzionari magiari) furono ben poche e per lo più affidate a intellettuali che condussero battaglie simboliche e isolate. I tempi non erano maturi per contestare a viso aperto la linea di Mosca. Differente fu invece la scelta di gran parte dei socialisti che si schierarono senza esitazione dalla parte degli insorti ungheresi prendendo le distanze irreversibilmente dai sovietici e dai compagni di via delle Botteghe Oscure.

NANNI MORETTI, LA REPRESSIONE IN UNGHERIA E IL PCI DI COSENZA

Un fulgido esempio dell’allineamento sostanzialmente incondizionato del Partito comunista italiano alla politica estera dell’Urss si ebbe a Cosenza. L’appoggio, ideale si intende, ai carri armati sovietici a Budapest non deve meravigliare perché, come detto, fu il sentimento dominante nel partito guidato da Palmiro Togliatti. Di questo supporto vi è una traccia tangibile nel congresso della Federazione provinciale del Pci svoltosi dal 30 novembre all’8 dicembre del 1956. Il segretario provinciale Gino Picciotto, più volte eletto deputato ed esponente di spicco della gauche cosentina e calabrese, nella sua relazione non lasciò spazio ai tentennamenti.

«Noi abbiamo approvato l’operato dell’Unione sovietica, ricordando a noi stessi e agli altri, che le sue armate in ogni tempo hanno rappresentato la pace e la libertà, hanno significato la sconfitta del fascismo in Europa, hanno significato a Stalingrado resurrezione di tutti i popoli alla vita, alla libertà e agli ideali di indipendenza, significano ora, se abbiamo presenti le proposte dell’Urss, non minaccia di guerra, ma garanzia di pace per tutti i popoli», affermò Picciotto. «Soprattutto abbiamo approvato l’operato dell’Urss, perché non scordiamo né scorderemo mai che oggi esiste una realtà socialista, frutto delle grandi lotte del proletariato internazionale, a tutto questo ha dato contributo grande e decisivo l’Unione sovietica, il Partito comunista dell’Unione sovietica», si legge ancora nella relazione del segretario provinciale.

I COMUNISTI DI COSENZA, COME NEL RESTO D’ITALIA, SCELSERO L’UNIONE SOVIETICA

«Sappiamo soprattutto e ne siamo fermamente convinti che ogni gesto o attacco intesi ad isolare l’Unione Sovietica significano incoraggiamento alla guerra, mentre essa è alla testa di un vasto movimento di popoli che nell’ambito della pace vogliono riscattare la loro libertà, la loro indipendenza e sovranità», concluse Picciotto nel passaggio relativo ai fatti d’Ungheria. Concetti che non necessitano di interpretazioni politiche.

I comunisti, a Cosenza e provincia e così come in tutt’Italia, scelsero l’Urss nell’autunno del 1956. Cosa sarebbe successo se il Pci avesse condannato l’invasione in Ungheria? La storia con i “se” affascina ma lascia il tempo che trova. Nel film Moretti offre tuttavia un suggestivo finale da coup de theatre che, oltre a cambiare la vita del protagonista, rivoluziona anche il corso della sinistra italiana anticipando di un ventennio lo strappo del Pci con Mosca e realizzando proprio in Italia l’utopia comunista.

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