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Maria con i fratelli e le sorelle, è l’ultima a destra

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La storia di Maria Siciliano e dei 7 fratelli abbandonati dai genitori che hanno ricostruito la loro vita nel segno del riscatto


UN’ARABA fenice tatuata sulla gamba, occhi e un sorriso che manifestano gioia per la sua attuale vita, ma che al contempo celano anche tanta sofferenza, la sofferenza di chi ha vissuto un’infanzia fatta di stenti, senza l’affetto dei genitori. Abbandonata all’età di 5 anni, insieme ad altri sette fratelli, grazie allo sport è riuscita a ricostruirsi una vita, la vita di una ragazza della sua età. Maria Siciliano è nata a Cariati il 7 febbraio 2002, una ragazza come tante, ma con un macigno che si porta dentro, da sempre. Il suo straziante racconto lo esplicita lei stessa con tanta forza e orgoglio.

«Sono rimasta con i miei genitori fino all’età di 5 anni, poi, purtroppo, ci hanno lasciati in un istituto a Cosenza, ci hanno abbandonati. La situazione molto critica in famiglia ha fatto sì che una signora di Cariati, dove abitavamo, si rivolgesse agli assistenti sociali: stavamo sempre fuori casa, scalzi. Con mio fratello maggiore imparai a giocare a calcio per strada. Eravamo sbandati. Quando uscivamo non lo facevamo dalla porta, scendevamo dalla canaletta del palazzo. Se qualcuno di noi non tornava di notte, i nostri genitori neppure se ne accorgevano. Nostra madre, spesso, ci imponeva di chiedere l’elemosina perché doveva comprarsi le sigarette».

LA SEPARAZIONE DEI GENITORI E LE STRADE CHE DIVIDONO I FRATELLI

Un’altra tegola arrivò dritta sul capo di questi bambini sfortunati: la separazione dei genitori. «Dopo aver fatto ingresso in istituto, a mio padre venne tolta anche la patria genitorialità, nonostante, a detta sua, avesse cercato di riprenderci con sé. Nell’istituto le suore fecero di tutto per riavvicinarci a nostra madre, contattandola e parlandoci più volte. Fino a quando alle suore comunicò chiaramente che non ne voleva più sapere di noi. Avevo solo 7 anni. Qualcuno dei miei fratelli la cercò, ma mia mamma neppure rispose. Anzi, diede l’autorizzazione alle suore per attuare il decreto di adottabilità. Un altro forte dolore per noi.
I miei fratelli Giuseppe e Maikol andarono in un istituto a Celico, non poterono più rimanere nel nostro perché era una struttura più per ragazze. Mio fratello Luigi andò a Piacenza dai nonni paterni. Con noi rimase solo Kevin, il più piccolo che, all’età di dieci anni, venne adottato. Il dolore per questa separazione fu immenso per me, ero molto legata a lui. Fortunatamente venne accolto dalla sua nuova famiglia con tanto amore. I suoi nuovi genitori sono persone splendide, lo hanno fatto crescere nel migliore dei modi e per questo li ringrazio».

LA SOFFERENZA IN ISTITUTO PER MARIA SICILIANO

La sofferenza in istituto è stata tanta. «Terribile. Con noi c’erano tantissimi altri bambini che, per problemi economici, non potevano essere accuditi dai propri genitori. Nonostante ciò venivano sempre a far loro visita. Quei momenti erano davvero strazianti, come se una lama si conficcasse nel mio petto. Vedere altri bambini con i propri genitori nel cortile dell’istituto, che portavano giochi, caramelle, ma anche una semplice carezza, il buongiorno, come stai, come è andata a scuola, mi faceva soffrire, tremendamente. Piangevo a dirotto. Non mi capacitavo del perché anche io non avessi tutto ciò.
Aumentava così la rabbia verso i miei genitori. Soprattutto verso mia madre, che si è rifatta una vita, ha un’altra figlia che tratta come non ha mai trattato noi. Forse, la cosa più devastante per me era quando a scuola prendevo un bel voto, non sapevo a chi dirlo. Avrei voluto dirlo a mia mamma, a mio padre, anche per sentirmi dire brava, siamo orgogliosi di te».

A differenza dei suoi fratelli, Maria non ne ha voluto sapere di essere adottata. Uno spirito libero e sin da ragazzina ha voluto contare sulle proprie forze. «A 17 anni andai a giocare a calcio all’Eugenio Coscarello del presidente Francesco Coscarello. Per un anno ebbi una convivenza con un ragazzo. Finita questa, chiesi aiuto al presidente. Mi trovò una sistemazione in un appartamento insieme ad altre ragazze che giocavano con me. Lavorai come cameriera, lavapiatti. Da poco tempo sono aiuto-cuoco presso un ristorante di Cosenza. Il mio obiettivo, ora, è pensare a me stessa, alla mia indipendenza e alla mia serenità mentale. Un partner? Per il momento no. Vorrei però un uomo maturo, ma non per colmare i vuoti di una vita, ci riesco da sola. Voglio un uomo che mi completi e come tutte le cose della vita arriverà anche quel momento».
In questi anni, per ricostruire il rapporto, il padre ha fatto qualche passo. «Mio padre mi scrive, mi cerca, ma non riesco ad avere rapporti con lui. Per me è un estraneo, non riesco proprio a vederlo e a sentirlo come un padre. Non ce la faccio. Quando lo incontro provo indifferenza totale».

MARIA SICILIANO E I SUOI FRATELLI, LE MILLE DIFFICOLTÀ PER RIFARSI UNA VITA

E anche i fratelli di Maria sono riusciti, seppur tra mille difficoltà, a rifarsi una vita. «Fortunatamente. Luigi è con i nonni paterni a Piacenza e lavora in una fabbrica, attualmente convive con una ragazza e ha trovato un suo equilibrio. Poi c’è Lina che vive a Napoli e a breve si sposerà, ha due splendidi bambini, Luca e Thiago, che sono la nostra vita.
Lei è la classica donna del Sud, dal carattere forte, ne ha viste e subite più di tutti, ha sofferto molto anche perché era più grande, ma è riuscita a buttarsi alle spalle il triste passato. Ai figli dà tutto l’amore che noi non abbiamo mai ricevuto. Sostanzialmente lei ci ha fatto da madre. È laureata in Scienze dell’Educazione ed è professoressa di sostegno. Non solo, è anche attrice ed è stata protagonista in due film: “Una Femmina”, in cui interpreta Rosa, ragazza che ha combattuto la ’ndrangheta e “Il paese dei Jeans in agosto”, film molto più leggero, dove si parla dell’uso dei social da parte dei giovani d’oggi».

I rapporti con i suoi fratelli come sono? «Non abbiamo mai perso i rapporti. Nonostante le distanze ci aiutiamo l’un l’altro. È un patto che abbiamo sancito davanti ai giudici, dicendo che non eravamo contrari all’adottamento, ma che ciò non avrebbe dovuto far perdere i legami, mai. Abbiamo un gruppo whatsapp che abbiamo nominato “I Fratelli Pigna”. Se uno solo di noi ha bisogno corriamo tutti in suo aiuto. Purtroppo, la distanza è notevole e non riusciamo a trascorrere un Natale insieme. Ci siamo ripromessi che prima o poi ci riusciremo. Ci stiamo lavorando».

LA SVOLTA NELLA VITA PER MARIA SICILIANO SI CHIAMA SPORT

La svolta nella vita di Maria è arrivata dunque con lo sport e in particolare con il presidente dell’Eugenio Coscarello di Castrolibero, Francesco Coscarello. «In lui ho trovato un fratello maggiore. Mi ha affidato anche il bellissimo incarico di allenare la squadra dei ‘Primi Calci’ e dei ‘Pulcini’. Dopo un allenamento, corro da lui a condividere la mia felicità e quel ‘brava’, che tanto mi è mancato nella mia vita, mi fa sentire bene. Non è stato facile per me e soprattutto per il presidente il mio inserimento nella loro famiglia, l’Eugenio Coscarello. Non avendo avuto un’educazione adeguata, sin da quando ero in istituto creavo molti problemi. Ci avevano affidato a psicologi, ma ho sempre rifiutato il loro supporto. Ho sempre fatto leva sulle mie forze.
Certo, non mi sento realizzata, devo ancora fare tanto nella mia vita. Non so come sarà il mio futuro. Penso solo al presente. Ringrazio tantissimo Francesco che mi sta facendo vivere un presente che mi rende felice, giocare a calcio e allenare i bambini più piccoli. Sono loro che stanno educando me. Mi sento molto più matura grazie a loro. Dare loro regole comportamentali mi porta di conseguenza a seguirle. Prima non avevo pazienza. Il presidente mi ha letteralmente tolto dalla brutta strada, mi ha dato delle regole che nessuno mi aveva dato. Se nella vita non c’è nessuno a dare le regole della giusta educazione è difficile non cadere in errori che, a volte, possono essere anche molto gravi».

Il suo esordio in squadra da calciatrice non è stato dei più semplici. «Iniziai a giocare con la squadra femminile. Ero una testa calda, litigavo con tutti. Un giorno Francesco mi prese in disparte e disse che se lo avessi seguito mi avrebbe fatto migliorare. Così è stato. Ora ho un ottimo rapporto con tutti, soprattutto con le mie compagne che mi hanno dato tantissimo, correggendo i miei lati sbagliati. Ho trovato la mia famiglia, che mi ha tolto tante paure e incertezze e la mia crescita comportamentale ha fatto sì che venissi scelta per allenare i bambini. All’inizio avevo paura pensando di non riuscire a trasmettere positività, amore, calma, tranquillità, tutto ciò che a me è sempre mancato. Poi, invece, con il tempo ci sono riuscita».

Dopo la promozione dello scorso anno la squadra milita in serie C nazionale e sta ottenendo buoni risultati. «Sono felicissima di farne parte. Dopo la promozione in serie C, stiamo lottando per la salvezza e siamo sicuri di raggiungerla. Il mio ruolo? Gioco in attacco, come punta centrale o come trequartista. Siamo una squadra bellissima. Ci divertiamo tanto, siamo un bel gruppo. Oltre alla promozione in C, dopo la vittoria col Cosenza per 4-2, dove ho segnato il gol del 3-2, abbiamo vinto la coppa Calabria. Tutto ciò grazie al gruppo coeso, all’unione d’intenti e al nostro mister che non ci ha mai fatto smettere di credere nel gruppo».

Il terreno in terra battuta del “Mario Dodaro” non ha permesso alle ragazze di giocare le loro partite in casa. «Unica nota stonata. Lo stato del campo di gioco, terra battuta e misure non regolamentari per la serie C, ci ha costretto ad emigrare a Taverna di Montalto Uffugo, che ha l’erba sintetica. Vorrei fare un appello alle istituzioni per adeguare il nostro terreno di gioco, così da aspirare in un prossimo futuro ad accedere a categorie superiori. Un fatto singolare: avevo fatto scrivere la letterina di Natale ai bambini che alleno.

Uno di questi, invece dei soliti regali, aveva chiesto a Babbo Natale un regalo particolare, ‘Vorrei che nel nostro campo di Castrolibero ci fosse l’erba verde che hanno tutti gli altri campi dove andiamo a giocare con i miei compagni. Solo nel nostro campo c’è la terra e quando giochiamo, anche se ci divertiamo, ci sporchiamo un sacco, specie quando piove. Ti prego Babbo Natale, fa’ che cresca l’erba anche da noi. Ti voglio bene’. Per questo motivo chiedo aiuto al Comune di Castrolibero, per far sì che questi bambini possano vedere realizzato il loro sogno». Sogno che Maria vuole regalare ai suoi piccoli calciatori. E anche se i suoi sogni da bambina, poi infranti, non potrà più restituirglieli nessuno, Maria è tornata a sognare.

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