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Il pubblico presente all'iniziativa

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COSENZA – La Luigi Pellegrini Editore compie 70 anni. La sua storia – per quanto strettamente legata alla città dei bruzi, come dimostra la presenza del sindaco Franz Caruso, ma pure del predecessore Mario Occhiuto, all’evento celebrativo di lunedì 21 – parte da Cleto. «Nel nostro borgo arroccato sui monti è come se sentissimo ancora oggi, tra il ragliare degli asini e il frinire delle cicale, il rumore dei tasti della macchina da scrivere del professor Pellegrini», dice timidamente Armando Bossio, primo cittadino di quel paese che sembra sempre più spogliarsi di persone e non di ricordi.

IL RICORDO DEL PROGETTO NATO A CLETO

Un’unica frase, quella pronunciata dal giovane amministratore, che vale di più di tutti i discorsi, comunque necessari e significativi, che per oltre tre ore gli accademici, i giornalisti, gli architetti e gli scrittori presenti propongono alla platea radunatasi sul terrazzo dell’ex via Camposano, che ha ormai preso il nome dello storico fondatore scomparso nel 2018 e dove la Lpe ha sede. Quella frase così potente, così evocativa è, infatti, in grado di trasportare chi ascolta nell’antico borgo, sotto la finestra di quel maestro elementare e giornalista, comunemente chiamato il Professore, che veniva considerato quasi pazzo: nel secondo dopoguerra affiggeva pagine di giornale in tutta Cleto, amava il gusto dei libri e della parola, intendeva ricostruire la comunità attraverso la cultura e soprattutto aveva un sogno dirompente, quello di fondare – lo farà per l’appunto nel 1952 – una casa editrice.

«Non è un reato da perseguire penalmente il “dare vita” a un progetto di questa portata in una realtà così difficile come quella calabrese?», scherza Antonio D’Orrico, rivolgendosi a Nicola Gratteri. La battuta del critico letterario del «Corriere della Sera» fa scattare i sorrisi del pubblico, finanche delle numerose autorità militari presenti e dei poliziotti che attendono che il procuratore di Catanzaro inizi e concluda il suo intervento. D’altronde Gratteri, insieme ad Antonio Nicaso, è una delle firme della scuderia Pellegrini, che, per la cronaca, ha in catalogo oltre 3mila titoli.

«Nessuno, da Einaudi a Rizzoli – racconta Gratteri -, voleva all’epoca pubblicare il nostro “Fratelli di sangue”. Tante le porte in faccia che abbiamo preso. Alla fine, solo la Pellegrini ha avuto il coraggio di editare il volume (i cui diritti sono stati acquisiti in seguito da Mondadori, ndc) che poi ha avuto un grande successo, una grandissima distribuzione, risultando pure il libro più venduto nelle carceri. È così – termina il procuratore – che è iniziato il mio legame con la casa editrice ed è così che ho avuto modo di conoscere persone meravigliose».

A evocare la figura del Professore e la storia della Lpe, oltre al presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria Giuseppe Soluri, lo scrittore Pierfranco Bruni, l’architetto Fulvio Terzi, il presidente dell’Accademia Cosentina Antonio d’Elia, l’ordinario all’Università di Messina Saverio Di Bella e lo storico della filosofia dell’Unical Roberto Bondì; tutti intervistati dai giornalisti Arcangelo Badolati e Attilio Sabato.

Per l’occasione presentato anche l’annullo speciale di Poste Italiane: il timbro filatelico ha impresso il volto dello scrittore antifascista, originario di Palmi, Leonida Repaci di cui la Pellegrini si propone – e lo sta già facendo – di pubblicare l’opera omnia. Perché sì, i 70 anni della casa editrice cosentina sono fatti di memoria e di profumi («Ricordo ancora l’odore di mio nonno Luigi, lo percepisco nella sua stanza di lavoro», dice Marta Pellegrini), magari profumi di mirto e mandarino come recita una delle poesie del “padre fondatore”, ma anche di futuro.

«Mio padre – dichiara Walter Pellegrini, che ai piedi rivela di portare le scarpe del compianto genitore – mi ha trasmesso in maniera del tutto naturale la giusta passione per intraprendere questo lavoro ed è ciò che ho fatto anche io con le mie figlie, Marta e Sara, che oggi rappresentano la terza generazione di quella che, sempre mio padre, amava definire una barchetta di carta».

E la barchetta di carta continua a navigare, indefessa, verso i prossimi 70 anni, tra tradizione e innovazione, vecchi e nuovi collaboratori: c’è la neo consigliera comunale Antonietta Cozza, ufficio stampa della Lpe, e c’è Francesco Kostner, nel ruolo di nuovo direttore editoriale, che enumera le prossime pubblicazioni («Dalle memorie di Gianni De Michelis al volume dell’esponente sindacale calabrese Roberto Castagni») pronte ad affiancarsi alle opere di Fortunato Seminara (qui la nota polemica di d’Elia: «A Seminara ha dato un’opportunità la Pellegrini e non l’Unical») o ai saggi su Sandro Penna e alle diverse collane che spaziano dalla poesia al noir. Sull’ampio terrazzo, dove pure è esposto l’abito fatto appositamente di carta dallo stilista Claudio Greco, qualcuno fa notare infine che è primavera, il primo giorno di bella stagione. Ma fuori dalla sede della casa editrice il vento tira forte – lo testimoniano i cappelli con cui i partecipanti si presentano all’evento – e fa rumore, proprio come fa rumore una storia battuta sui tasti di una macchina da scrivere.

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