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Come vivere a lungo e in salute? L’Unical va alla scoperta dei segreti della buona longevità con un megaprogramma

È un dato che rimbalza da più di un report: viviamo di più, ma quegli anni in più spesso viviamo male. Ecco quindi che il più grande polo di ricerca italiano sull’invecchiamento – Age-It, finanziato dal Pnrr con 114 milioni di euro – deve fronteggiare due sfide: come vivere più a lungo e come farlo in salute?

A rispondere a queste domande sarà anche l’Università della Calabria, che rientra tra i 27 partner coinvolti nel megaprogramma. Il team – in realtà 17 diversi gruppi di ricerca – è trasversale a più dipartimenti. I ricercatori di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra e quelli di Farmacia ci lavoreranno insieme a colleghi di Ingegneria e di Scienze sociali. Perché di sfide, poc’anzi, ne abbiamo individuate due, ma queste due si declinano in più domande che investono l’ambito biomedico, quello demografico ed economico, quello tecnologico. Per fare un esempio, come rendere una casa più a misura di anziano grazie alla domotica?.

«Oggi l’aspettativa di vita è di circa 85 anni. Tuttavia, almeno gli otto se non dieci anni finali li viviamo accompagnati da malattie croniche. A conti fatti conduciamo una vita attiva fino a 75/78 anni. L’obiettivo quindi da porsi oggi è sì quello di allungare la vita, ma diminuendo al tempo stesso la porzione di esistenza non autonoma» spiega Giuseppe Passarino, direttore del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell’Unical e da qualche settimana presidente dei genetisti italiani. Un incarico che premia un’intera scuola di genetica, quella dell’Unical, che ha una tradizione quarantennale («io raccolgo, insieme a colleghi e allievi, il testimone di Giovanna De Benedictis e Silvana Santachiara»), ma conferma anche l’ateneo tra i protagonisti della vita scientifica del Paese.

Nel progetto Age-It, non a caso, Passarino è membro anche del comitato direttivo. Insieme ai colleghi di Biologia e a quelli di Farmacia, si occuperà dell’ambito biomedico. Si va dallo studio di terapie personalizzate per la cura dei tumori alla definizione di soluzioni e stili di vita per preservare l’omeostasi dell’organismo – la capacità degli esseri viventi di autoregolarsi – e tenere lontane, quindi, le malattie croniche. Quest’ultimo, in particolare, è il campo di studio di Passarino, tra gli esperti più qualificati quando si parla di longevità.

«Il modo migliore che abbiamo per vivere più a lungo e in buona salute è agire sulla nostra dieta. Abbiamo raccolto dati imponenti (l’ultimo studio, in ordine di tempo, è quello in corso con la Fondazione Longo in una delle ‘isole’ della longevità calabrese, Varapodio e dintorni, ndr) che vanno nella stessa direzione. Seguire una dieta che prevede un ridotto apporto di proteine di origine animale riporta indietro le lancette del nostro orologio biologico – spiega Passarino –. In altre parole, si ringiovanisce».

Insomma, il regime alimentare amico della longevità è la dieta mediterranea. «Ma attenzione a cosa intendiamo per dieta mediterranea. Di certo, non quella che seguiamo oggi, ma la ‘vecchia’. Quella degli anni ‘50, quando in Calabria – ricorda Passarino – si consumava un decimo della carne che si mangiava in Lombardia». Che siano cambiate – e non in meglio – le nostre abitudini alimentari lo dimostrerebbero anche due dati. La Calabria è la seconda regione d’Europa per incidenza di bimbi obesi e in Italia ha il maggior tasso di persone affette da diabete. Obesità e diabete – l’Oms, per sottolineare quanto le due condizioni vadano a braccetto ha coniato il termine diabesità – sono tra i fattori principali che determinano un invecchiamento in cattiva salute.

E per completare la fotografia della regione, possiamo ricordare che la Calabria (ci dice il decimo rapporto Bes dell’Istat) nel 2022 ha conquistato il non lusinghiero record di regione più sedentaria d’Italia. Messi insieme tutti questi dati, possiamo allora meravigliarci se lo stesso rapporto Bes ci dice anche che è la regione in cui ci si aspetta di vivere in buona salute molti meno anni rispetto al resto d’Italia (53,1 a fronte di 60,1)? Insomma, siamo quasi una regione ‘laboratorio’.

«Sono più aspetti che vanno tenuti insieme, da quelli medici a quelli sociali – continua Passarino –. L’obiettivo del progetto è anche quello di aumentare la consapevolezza. Rendere alcuni temi di dominio comune, arrivare nelle scuole, nelle ‘diete aziendali’, fare massa critica per incidere sui policy maker».
Tra i risultati attesi c’è quello di dar vita a un istituto nazionale dell’invecchiamento, sul modello nel National Institute on Aging statunitense. E nel frattempo si parte con un dottorato nazionale sui temi dell’invecchiamento – il primo ciclo si avvia ora –. Sede centrale Firenze con il coinvolgimento degli atenei partner.

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