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Maria Oliverio alias “Ciccilla”

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CRESCE l’attesa per la nuova serie tv “Briganti” che sarà visibile su Netflix nei prossimi mesi. Il soggetto è firmato dal collettivo Grams che ha già scritto per Netflix la serie “Baby”, ispirata allo scandalo della prostituzione minorile dei Parioli. La serie tv, ambientata nell’Italia meridionale post-unitaria, ruota intorno a Filomena Pennacchio, la celebre brigantessa campana e sulla storia d’amore con il brigante Giuseppe Caruso.

Ci sarà spazio anche per la vita della brigantessa calabrese Maria Oliverio, meglio nota come “Ciccilla”. In Calabria, e in particolare nella provincia di Cosenza, i racconti e le canzoni popolari sulle gesta dell’amazzone della Presila abbondano.

Ma chi era Ciccilla? Maria Oliverio nacque a Casole Bruzio il 30 agosto 1841 da Biagio e Giuseppina Scarcella. Sin da bambina dimostrò un carattere forte e deciso. Era bella la giovane Maria. Gli occhi magnetici, i capelli nero corvino e i lineamenti delicati conquistarono Pietro Monaco.

Nel 1858, i due convolarono a nozze e andarono a vivere a Spezzano Piccolo. Monaco si arruolò dapprima nell’esercito borbonico poi passò nelle file garibaldine dove si distinse nella battaglia del Volturno e a Capua.

Tornato a casa le promesse di Garibaldi furono però disattese, Monaco disertò e uccise un possidente terriero. Circostanze che lo costrinsero a darsi alla macchia e a iniziare la parabola da brigante.

Nel marzo 1862 Maria, pur non avendo commesso alcun reato, venne incarcerata insieme alla sorella Teresa a Celico. L’obiettivo era spingere il marito a costituirsi o, molto più probabile, ricattare Monaco affinché uccidesse alcuni pericolosi briganti filo-borbonici.

Maria sapeva amare e odiare con eguale intensità. Dopo il rilascio non esitò a uccidere brutalmente la sorella Teresa. Il movente non è stato mai totalmente acclarato. Pare che Maria sospettasse una relazione tra Teresa e Monaco anche se in molti sostengono la tesi della vendetta in seguito a una calunnia. Teresa avrebbe infatti diffuso la diceria che Maria si fosse concessa ai carcerieri durante i due mesi di reclusione a Celico. Resta il fatto che le mani di Maria si sporcarono del sangue di un atroce delitto.

Dopo l’omicidio Maria raggiunse il marito e divenne “Ciccilla” (soprannome datole forse in onore di Franceschiello di Borbone). Accolta con diffidenza dagli altri membri della banda, Ciccilla conquistò ben presto fiducia e rispetto. Non era solo la donna del capo.

Usava le armi e sopportava i disagi e le privazioni della vita da brigante esattamente come un uomo. Si rivelò una leader naturale in simbiosi criminale con il suo Pietro. Prese parte al sequestro di Achille Mazzei e Antonio Parisio a Santo Stefano di Rogliano che fruttò alla banda un’ingente somma di denaro per il riscatto. Successivamente ad Acri furono invece sequestrate nove persone, tra nobili, religiosi e proprietari terrieri.

L’antivigilia di Natale del 1863 Monaco venne ucciso a Pedace dal suo braccio destro Salvatore De Marco, alias Marchetta, mentre dormiva accanto alla moglie. La stessa Ciccilla fu ferita al polso nell’agguato.

Per 47 giorni si nascose nei boschi della Sila insieme ad altri uomini della banda. Venne catturata, dopo un cruento scontro a fuoco, a Caccuri. Processata a Catanzaro fu condannata a morte ma il re Vittorio Emanuele II le concesse la grazia commutando la pena capitale nei lavori forzati a vita.

Non esistono prove e documentazioni sulla sorte di Ciccilla dopo la sentenza, forse trascorse gli ultimi anni di vita nel famigerato Forte di Fenestrelle, in Piemonte. Anche Alexandre Dumas, sul giornale “L’indipendente” scrisse delle vicende di Pietro Monaco e Maria Olverio.

Ciccilla – sulla cui vita è stato pubblicato un libro di successo, “Italiana” di Giuseppe Catozzella – fu per molti un simbolo di ribellione (e addirittura di emancipazione, per certi versi) con un lato oscuro spesso sottovalutato se non addirittura ignorato. Una donna travolta dagli eventi che visse un’esistenza di violenza e miseria.

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