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Il luogo in cui si ricorda la giovane vittima di un incidente nel tratto dell'Alto Jonio cosentino (foto di Luigi Celebre) e un frame dello spot Anas sulla A2 «Mediterranea»

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La celebrata modernità (tranne in alcuni tratti…) dell’autostrada ex Salerno-Reggio Calabria e la Spoon river lungo la costa jonica. In continuo aggiornamento

COSENZA – Mai come quest’anno, alla vigilia dell’ennesimo assalto di turisti, sarà autostrada contro statale, A2 contro 106, «Mediterranea» contro Jonica: sugli schermi passa la pubblicità della mega agenzia di comunicazione Pomilio Blumm con Giancarlo Giannini che al volante magnifica la smart road  con hot spot wi-fi ogni 300 metri – poi però provate a percorrere il tratto non ammodernato (e forse mai più ammodernabile) Cosenza-Altilia…  

VIDEO > LE DEVIAZIONI INFINITE LUNGO LA EX A3

Sul versante orientale invece niente anglicismi, solo un rosario di bestemmie per i disagi o di preghiere per chi qui ha perso la vita: zero wi-fi, piuttosto sulla SS 106 ogni 300 metri è più facile trovare un mazzo di fiori a ricordo di una delle vittime di questo asfalto maledetto. Sono state quasi 700 in vent’anni. In pratica una guerra civile combattuta in strada e nel quasi disinteresse generale.

Ampi tratti che passano nei centri abitati, rotatorie e incroci pericolosi, accessi privati e poderali, e poi cantieri o restringimenti ma spesso anche manovre azzardate le cause della mattanza. Il 2017 ha da poco portato la quinta vittima  arrivata nei giorni in cui si esultava per l’avvio dei lavori della “nuova” linea ferroviaria, altro simbolo dell’arretratezza infrastrutturale che condanna l’intero territorio, una specie di totem come quello del Ponte sullo Stretto che periodicamente riemerge sulla sponda tirrenica.

La cabala e il destino spesso si accaniscono: e allora nel giorno dell’inaugurazione della «Mediterranea» (22 dicembre 2016), cerimonia annunciata e brandita da Renzi e officiata in pompa magna dal governo  Gentiloni appena insediato, sul lato B della Calabria ecco due vittime nel tratto reggino della 106. Allo stesso modo, nelle ore in cui veniva firmata la delibera Cipe – poi ritirata – per lo sblocco del Macrolotto Sibari-Roseto (10 agosto), un’estate già luttuosa faceva registrare altri due morti, stavolta nel tratto cosentino.

Ma la settimana più drammatica del 2016 è stata senza dubbio quella tra il 21  e il 27 agosto: in due impatti hanno perso la vita 7 persone, in media un morto al giorno. Se  3 vittime nel Catanzarese nei tg e sui giornali nazionali fecero meno notizia di un morto dedito agli sport estremi, commosse e fece rabbia la storia della 14enne deceduta all’ospedale di Cosenza quasi un mese dopo quell’incidente che aveva falcidiato la sua famiglia.  Nel periodo da maggio a luglio di quel 2016 terribile, alla fine i corpi a terra erano  stati 7: in un giorno (15 maggio) i crash mortali sono addirittura due, uno tra Melito Porto Salvo e Saline e l’altro a Brancaleone.  Spesso i “martiri” sono migranti in bici come gli stagionali degli agrumi nell’Alto Jonio cosentino o gli indiani che  vedi in fila nel tratto di Condofuri, altre volte pedoni falciati da un’auto in corsa mentre attraversavano l’intersezione ad altissima velocità in pieno centro abitato. 

LA SPOON RIVER DEGLI AUTOMOBILISTI
E QUELLA DEI MEGA-PROGETTI ABORTITI
All’invasività del progetto del tratto cosentino Sibari-Roseto – piloni altissimi in un territorio da tutelare e un’utilità quanto meno opinabile in uno dei pochi tratti sicuri di strada – si oppongono i combattivi ambientalisti del gruppo “Salviamo i pianori dell’Alto Jonio Cosentino”.

Sui social sono battuti solo dall’attivismo senza sosta del gruppo pubblico Basta vittime sulla Ss 106 (oltre 57mila iscritti) che spesso ricorda gli anniversari più eclatanti, gli incidenti che per qualche ora interessarono anche le testate nazionali (9 anni fa le tre ragazze di Cariati), e soprattutto aggiorna una desolante contabilità: 528 gli incidenti sul tratto cosentino nel lustro 2010-2015. Di questi, ben oltre la metà (328, ovvero il 61,1%) s’è verificata lungo i 30 chilometri che attraversano i Comuni di Cassano, Corigliano e Rossano, più a sud del tratto che si vorrebbe rinnovare: 16 le vittime sulle 28 totali.

Qualche tempo fa Fabio Pugliese, animatore della pagina, ha proposto di devolvere il 10% degli espropri dei lavori di ammodernamento in beneficenza all’associazione, per le attività di sostegno psicologico ai parenti delle vittime: un’idea che segue quella del numero verde dedicato e la decisione di costituirsi parte civile.

Mentre si continua a morire non si ferma neanche la telenovela dei cantieri, con definizioni altisonanti che si scontrano con una realtà di ritardi, annunci, burocrazia e passerelle: tutto fermo quasi un anno dopo lo sblocco del Macrolotto (macro? 18 km) Sibari-Roseto con l’ok del Cipe e il più recente finanziamento del megalotto Metaponto-Sibari «dopo che in passato i fondi Ue per la Jonica venivano dirottati per pagare le multe per lo sforamento delle quote latte», ha esultato la parlamentare dem Enza Bruno Bossio. Perché la 106 è anche terreno di scontro partitico su cui da anni si allena la retorica della classe politica calabrese: «Allarmante che la Corte dei Conti abbia indotto con puntuali osservazioni il ministero delle Infrastrutture a ritirare la delibera Cipe dello scorso 10 agosto che tradotto in termini semplici significa 842 milioni non approvati – tuonava ad esempio, a marzo, Fausto Orsomarso, consigliere regionale del Gruppo misto (Fratelli d’Italia) – ed è a dir poco preoccupante la situazione di stallo dell’ammodernamento del tratto che va dall’imbocco della S.S. 534 fino a Roseto Capo Spulico nel Cosentino. 842 milioni, ripeto, mai arrivati cui si aggiunge la beffa del ritiro della delibera del 10 agosto scorso. Insomma, tutto ritorna punto e a capo».

E dire che l’estate scorsa il sottosegretario alfaniano Tonino Gentile un giorno sì e l’altro pure gongolava ai microfoni del Tg3 Calabria: ecco pronti i 280 milioni per quei 18 chilometri (sui circa 900 previsti per il tratto cosentino). In 15 anni gli investimenti erano passati dagli oltre 20 miliardi di euro della Legge Obiettivo del 2001 a 6,5 per ridursi infine a 4,2 miliardi di euro, con incompiute nel frattempo divenute monumenti al Non Finito Calabrese: dalla Variante di Palizzi che aspetta la progettazione del secondo stralcio funzionale (non ancora finanziato) ai 3 tronchi “fantasma” fra Crotone e Sibari (costo complessivo stimato: 640 milioni di euro), dalla Variante di Crotone (8,6 chilometri ex novo con 4 viadotti, 3 svincoli e altrettante gallerie: stima dei costi 250 milioni) al nuovo svincolo per l’ospedale della Sibaritide, inserito nel piano pluriennale 2015-2019 per un costo di 2,5 milioni; «ma in questo caso l’Anas una scusante valida ce l’ha: l’ospedale ancora non c’è e dunque è difficile azzardare pronostici», ha ironizzato Alessandro Nicolò, capogruppo di Forza Italia alla Regione.  

PER CAPIRE LA CALABRIA BISOGNA PERCORRERE
LA STATALE DELLA MORTE (E DELLA BELLEZZA)
Non solo paradossi. C’è un tesoro fatto di natura, storia e cultura nello spazio compreso tra i piloni disegnati dal discusso progetto di macrolotto nell’Alto Jonio cosentino e quelli che  reggeranno un viadotto dopo anni di lavori a Palizzi, agli antipodi reggini.

La Cenerentola della viabilità meridionale – oltre alla perifrasi “statale della morte” – ha ispirato anche pagine sentimentali, da quella cult “Lo statale jonico” su facebook alla storia di emigrazione di un locale “106” aperto in Canada da oriundi nostalgici. Ma tra i mostri di cemento incastrati nella terra aspra di Palizzi – nomen omen – e quelli (cancellati prima ancora di essere disegnati) di Amendolara, nel Cosentino, c’è un mondo di degrado e bellezza. La statale Jonica, la Reggio Calabria-Taranto, non è soltanto una Spoon river di vittime della strada. È una rassegna di incompiute e varianti su varianti, di curvoni e pericolosi incroci-attraversamenti di paese dopo tratti larghi da Route 66, ma anche uno scrigno di bellezze naturali – tre i parchi nazionali lambiti dalla 106 in Calabria, unica regione a vantarne tanti: Pollino, Sila e Aspromonte – e tesori archeologici: le aree della Magna Graecia tagliate in due dal serpentone d’asfalto lungo quasi 500 km.

È un racconto in movimento della Calabria immobile, con i treni che diminuiscono e il trasporto su gomma che s’ingrassa, nuovo business di privati convenzionati con la Regione che fa quasi concorrenza con gli affari in sanità. E l’anomalia di tratti di strada rimasti cristallizzati a mezzo secolo fa accanto ad altri in cui si pensa di sbancare una collina per costruire la “variante della variante”.

Tra quella “palizzata” fatta di piloni e altri rimasti (finora) solo su carta, c’è la Calabria che non ti aspetti: inaspettata meta dei surfisti nella stessa spiaggia in cui un’associazione di ragazzi – con sede in una stazione dismessa – cura le tartarughe Caretta caretta (a Brancaleone la più importante area di nidificazione italiana), una delle sinagoghe più antiche d’Europa a Bova, il secondo museo delle conchiglie d’Italia (Roseto Capo Spulico), il Codex Purpureus restaurato e di nuovo visibile a Rossano, e poi il borgo che espone le poesie in strada (Rocca Imperiale). Un viaggio da Sud a Nord permette di srotolare una porzione di periplo fatta di bellezze e contraddizioni che sembrano un compendio della Calabria a portata di volante. Per chi preferisce il wi-fi c’è la Salerno-Reggio, pardon: la «Mediterranea».

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