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PAOLA – Sarà caccia a “Ignoto 1”, l’assassino di Roberta Lanzino. La procura della Repubblica di Paola è già pronta a partire con le nuove indagini a seguito della sensazionale novità del Dna dell’omicida, isolato dopo ben 27 anni dal delitto. Secondo indiscrezioni trapelate, si partirà con indagini tradizionali per restringere il cerchio dei sospettati, come nel caso di Yara Gambirasio, in cui si è arrivati a ridurre il raggio delle verifiche da effettuare, sviluppando specifici controlli sugli “agganci” registrati dalle diverse celle della rete telefonica mobile, nel dato luogo e nel dato intervallo di tempo. 

LA SVOLTA DEL PROCESSO: IL DNA NON E’ DEGLI IMPUTATI

Nel caso dell’omicidio Lanzino, avvenuto nel 1988, non sarà possibile operare il restringimento del cerchio allo stesso modo. Ma un inizio più tradizionale e meno tecnologico, non si esclude possa essere la rivisitazione delle posizioni di tutte le persone inizialmente sospettate. Proprio di tutte, anche di quelle che furono minimamente sospettate. Verosimilmente, infatti, i primi “tamponi” di questa nuova e complessa indagine, finalizzata a dare un’identità a “Ignoto 1”, potrebbero essere eseguiti proprio in base al suddetto criterio. L’impresa investigativa è ardua, ma non impossibile. Ne sono convinti i magistrati della procura di Paola, che si accingono a riaprire il caso sul delitto della diciannovenne cosentina. All’epoca, per esempio, non esistevano in maniera così sistematica i telefonini mobili, che anzi erano pochissimi. 

Esistevano, però, tante cabine telefoniche pubbliche a Cosenza, che ad un certo punto, dopo l’assassinio, furono messe sotto controllo, nell’ambito di una pista che portava ad effettuare accertamenti in città: la pista altrimenti detta della “Cosenza bene”. Gli investigatori dell’epoca aspettavano una telefonata in funzione di una lettera arrivata in Procura che indirizzava i sospetti su ambienti benestanti della città. Oggi, magari, alla luce della clamorosa scoperta dei Ris di Messina, potrebbero essere rivisti i tabulati di quei telefoni pubblici.

Il procuratore di Paola, Bruno Giordano e i sostituti Maria Camodeca e Sonia Nuzzo, stanno già pensando ai primi passi da compiere per valorizzare quella che è definita la “prova regina” fornita dai Ris nel corso del dibattimento in Corte d’Assise. Prova che scagiona i due imputati del processo, in quanto il Dna individuato non coincide con il loro profilo genetico.

Notizie filtrate riferiscono che, già alcuni giorni addietro, i tre magistrati delle Procura tirrenica si sarebbero confrontati per fare il punto della situazione, in vista della apertura di una nuova inchiesta sul delitto Lanzino, tutta incentrata sulla prova del Dna isolato, appartenente all’omicida.   

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