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Il tribunale di Torino

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TORINO – Quelle di Francesco Galdi, 43 anni collaboratori di Giustizia nell’ambito del processo Minotauro bis, sono parole importanti perché aiutano a ridisegnare la struttura della ‘ndrangheta. Ciò in quanto Galdi, pur non essendosi affiliato formalmente alla criminalità organizzata calabrese aveva un ruolo particolare, quello di custede delle regole. In forza di questo ruolo oggi sta svelando gli assetti organizzative delle ‘ndrine.

In particolare dalla sua testimonianza al processo in corso a Torino è emerso come la ‘ndrangheta ha dovuto rinnovarsi e al suo interno sono nate cariche specifiche per politici e apparati dello Stato. Galdi, laureato, commercialista, ex insegnante in corsi di formazione post universitari per conto dei boss ha eseguito operazioni di alto livello in materia di appalti, in Italia e all’estero; inoltre, come detto, è stato nominato «Custode delle regole».

Nella sua testimonianza Galdi ha specificato come «Che sappia io eravamo solo in tre in tutta la struttura nelle sua estensione mondiale». In qualità di custode, «riscrissi una parte della cosiddetta ‘favella’, le regole, e dei rituali di affiliazione». 

Scendendo nei dettagli Galdi ha spiegato che «quello di “padrino” non è il grado più elevato all’interno della ‘ndrangheta: c’è la “Stella”, per esempio, e si può arrivare a “Infinito”, che è la dote più elevata da me conosciuta».

Ai giudici, rispondendo a domande sulla ‘ndrangheta in Piemonte, ha detto che uno dei presunti boss più conosciuti, Saverio Agresta, «deve avere almeno la dote di Stella, altrimenti non avrebbe potuto innalzare il figlio Domenico (ora pentito – ndr) al grado di padrino in così poco tempo e nonostante fosse un ragazzo poco più che ventenne». Galdi ha anche spiegato che per «affiliare politici e massoni» vengono seguiti rituali diversi da quelli tradizionali. 

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