X
<
>

Un'aula universitaria

Condividi:
7 minuti per la lettura

CATANZARO – Tentacoli anche sulle università calabresi. E allarme per l’opacità di sistemi informativi che potrebbero favorire infiltrazioni criminali. C’è anche un pezzo di Calabria nella nuova sezione della relazione finale della Commissione parlamentare antimafia uscente presieduta da Nicola Morra, quella sulla “Trasparenza negli enti pubblici anche non territoriali”, appena pubblicata.

«L’analisi condotta in ambiti diversi da quelli tradizionalmente considerati oggetto di infiltrazione mafiosa, quali quello universitario e della ricerca, ha permesso di accertare come anch’essi risultino afflitti da fenomeni distorsivi. Ne risulta così alterato il regolare funzionamento, che viene piegato alla realizzazione di interessi mafiosi o di diversi gruppi di potere», ha detto, non a caso, il calabrese Morra.

Scorrendo la parte del documento relativa alla corruzione nei concorsi pubblici universitari, che molto attinge al contributo offerto dal professor Giambattista Scirè, presidente dell’associazione Trasparenza e Merito, si rileva che le irregolarità più diffuse sono i cosiddetti bandi “sartoriali”, cioè cuciti ad personam, l’eccesso di discrezionalità tecnica da parte delle commissioni giudicatrici, con conseguente non congruità dei titoli e delle pubblicazioni valutati come rilevanti, l’elusione da parte degli atenei del Piano anticorruzione nel sorteggio dei commissari, l’elusione, anche, del giudicato delle sentenze, perfino forme di mobbing e molestie e violenze psicologiche e sessuali.

Proprio dalle denunce dell’associazione sono scaturite una serie di indagini, tra le quali quelle della Procura di Catania (denominata «Università bandita»), di Firenze («Concorsopoli») e di Reggio Calabria («Magnifica»). Pende, poi, davanti all’Autorità giudiziaria di Roma, un processo nel quale il rettore dell’Università Tor Vergata è stato condannato in primo grado per tentata concussione. Ma il rischio di corruzione non è occasionale e isolato, in quanto dalle segnalazioni giunte all’associazione emerge che il fenomeno è di carattere sistemico al punto da rendere necessaria l’attenzione della Commissione parlamentare antimafia.

«L’università rappresenta un luogo molto ambito dalle organizzazioni criminali: è un settore che gestisce ingenti risorse economiche in forma di appalti, progetti, servizi e concorsi; permette di instaurare rapporti con ambienti in grado di facilitare il collegamento con settori importanti dell’apparato statale, dell’economia e della politica, di cui le mafie necessitano per proteggere e allargare i loro interessi», osserva il professor Scirè.

UNIVERSITÀ MEDITERRANEA

«Alcuni episodi sembrano, poi, evocare le medesime modalità intimidatorie della criminalità organizzata», è detto nella relazione, con riferimento all’incendio doloso dell’autovettura del nuovo rettore dell’Università mediterranea di Reggio Calabria (già direttore generale della stessa), Giuseppe Zimbalatti, eletto il 18 luglio scorso. Non si era ancora insediato quando la sua Toyota “Rav 4” fu distrutta dal rogo, e l’università era guidata da un rettore facente funzioni, Feliciantonio Costabile, nominato dopo che il titolare della carica, Santo Marcello Zimbone, si era dimesso essendo stato interdetto ad aprile perché coinvolto nell’inchiesta “Magnifica” su presunti illeciti nei concorsi per ricercatori. Nell’ambito della stessa inchiesta provvedimenti di interdizione erano stati adottati anche a carico del prorettore, Pasquale Catanoso, già rettore, e di altre sei persone tra docenti e dipendenti. D’altra parte, osserva Il XXIV Comitato, che ha condotto l’indagine confluita nella relazione approvata su proposta del senatore Elio Lannutti, «tracce dell’ingerenza di organizzazioni criminali di tipo mafioso, ed in particolare della ndrangheta nelle università, si rinvengono in molteplici indagini, facendo trasparire il condizionamento di esami, concorsi e, più in genere, della gestione amministrativa».

ALLARME MASSOMAFIE

Ma il professor Scirè va oltre. Se gli studi sulla corruzione si concentrano quasi sempre sul mondo politico in senso stretto e sui suoi legami con la criminalità organizzata «classica», la corruzione complessiva della vita pubblica potrebbe essere meglio compresa studiando il fenomeno anche nel mondo accademico. «Ritengo, anche alla luce dei dati in possesso di Trasparenza e Merito, che la corruzione diffusa nel mondo accademico italiano, basato sulla “cooptazione clientelare” contribuisca alla corruzione generale, attraverso una complessa rete di “cricche” accademico-politiche. Raramente si può acquisire potere senza istruzione. Pertanto, potere accademico significa anche potere politico. Se una istituzione come quella universitaria fornisce esempi assolutamente immorali, diseducativi, a volte totalmente illeciti e illegali, come si è visto sin qui, essa non contrasta ma anzi educa alla cultura mafiosa», è detto in un passaggio incisivo della relazione inviata alla Commissione antimafia. Ma c’è anche un livello superiore che viene evocato dal professor Scirè, anche alla luce dei tentativi, emersi da varie inchieste, di condizionare sentenze e appianare vicende giudiziarie. Un livello masso-mafioso.

«Da alcune intercettazioni rese note nelle inchieste riguardanti concorsi pubblici negli atenei si ascoltano rettori, ex rettori, direttori di dipartimento, docenti, che disquisiscono tranquillamente di come contattare giudici di tribunali amministrativi, penali, del lavoro, nel tentativo di condizionare l’esito delle sentenze. Pensate al conflitto di interessi con le università per quei magistrati (giudici amministrativi e penali) che negli atenei svolgono consulenze o corsi nelle scuole di specializzazione in materie giuridiche. Infine, e non ultimo in termini di importanza, questo sistema di potere massonico-mafioso accademico muove un giro di interessi economico-finanziari di enorme portata, specialmente se consideriamo alcuni settori scientifico-disciplinari (Medicina, Economia, Urbanistica, Diritto) […]. Il fatto che quello accademico italiano sia un sistema di potere che agisce spesso con modalità mafiose – appunto una “masso-mafia”–lo dimostrala diffusione dei comportamenti illegali a tutti i livelli, in tutti gli atenei ,grandi e piccoli, in tutti i dipartimenti, nei diversi settori scientifici [….].Come in qualsiasi società mafiosa, l’omertà e la connivenza imposte alla maggioranza dei docenti rappresentano atti di complicità e sono il terreno fertile su cui prosperano i comportamenti illeciti».

UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA

Nel dossier viene citata l’Università della Calabria. Il professore Scirè ha sottolineato che, a differenza di quanto accaduto nella pubblica amministrazione in genere, dove prevale la centralizzazione degli acquisti attraverso la Consip e la piattaforma Mepa, negli atenei italiani si impiegano sistemi informatici non centralizzati, realizzati da un ente denominato Cineca, consorzio privato che, sempre a dire di Scirè, sarebbe stato erroneamente assimilato a un’azienda pubblica di Stato, al punto che il Ministero dell’Università e della Ricerca ne avrebbe imposto l’acquisto senza gara d’appalto. Sempre secondo quanto riferito nella relazione, questi sistemi informativi, gestiti in autonomia da ciascun ateneo, sono suscettibili di «a gravi opacità, anomalie e soggetti a possibili infiltrazioni da parte di gruppi criminali». Questo perché, stando alla ricostruzione di Scirè, sui sistemi «non vengono caricati, infatti, solo i profili con i titoli e le pubblicazioni certificate di ricercatori, docenti e vario personale dirigente e di ufficio degli atenei, ma vengono anche gestiti gli esiti degli esami universitari degli studenti». Il professor Scirè ha raccolto testimonianze di dipendenti dell’ateneo. «Nulla vieta, stando alle informazioni reseci da alcuni soggetti del personale tecnico amministrativo e dirigenziale di ambito informatico dell’Università della Calabria, che un database possa essere manipolato da un operatore. Gli operatori, in questo caso, sono sia quelli del Cineca, ma anche quelli locali, individuati dall’ateneo ma non noti al pubblico». È appena il caso di ricordare che Cineca, ente pubblico di diritto privato iscritto al registro delle pubbliche amministrazioni, è un consorzio interuniversitario cui aderiscono 69 università italiane, 2 Ministeri, 27 Istituzioni pubbliche nazionali.

POSSIBILI SOLUZIONI

Insomma, il mondo accademico non è riuscito ad attuare un’efficace gestione della trasparenza e prevenzione della corruzione e, in genere, dei rischi di infiltrazioni di poteri criminali esterni. Dai dati dell’associazione Trasparenza e merito, emergerebbe «la quasi totale inutilità di uffici e organismi interni agli atenei preposti alla prevenzione della corruzione, al rispetto della legalità, alla trasparenza e al supporto, in casi di denuncia di mobbing o di altro tipo di molestie nei confronti del personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo». La Commissione antimafia ritiene che vada posta una «particolare attenzione» alle denunce del professor Scirè, che propone anche soluzioni che vanno dall’eliminazione del cosiddetto voto ponderato all’istituzione di un ruolo unico della docenza universitaria; dalla centralizzazione dei concorsi con commissioni sorteggiate a criteri di valutazione più oggettivi; dall’integrale pubblicazione degli atti concorsuali all’istituzione di un sistema di penalizzazione per le università nei quali si verificano contenziosi e sanzioni severe per i commissari coinvolti in concorsi «truccati»; dal commissariamento degli atenei che hanno violato disposizioni legislative alla creazione di un osservatorio nazionale presso l’Anac che vigili su concorsi e appalti, rendendo disponibili a chiunque i dati. Non a caso la Commissione antimafia traccia analogie con dinamiche riscontrate in altri settori anche particolarmente sensibili come quello della giustizia o delle forze di polizia, «similmente caratterizzati, spesso, da una gestione distorta delle scelte, piegate agli interessi di centri di potere che ne definiscono l’intero operare».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE