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CATANZARO – «Non valutabile, quindi equiparata a rischio alto». Il rapporto settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità che analizza la situazione epidemiologica nazionale segna un dato impietoso: la Calabria è l’unica regione italiana con uno scenario di trasmissione non affidabile. Il dato, che si era avuto modo di intuire già nella giornata di venerdì, è emerso in maniera ancora più ridondante nella conferenza stampa di ieri mattina, durante la quale Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss, ha esposto analiticamente lo sviluppo della pandemia su scala nazionale.

INDICE RT INAFFIDABILE

Il primo dato che salta all’occhio e che aveva legittimato inizialmente reazioni positive è quello relativo all’indice Rt, che rappresenta la velocità di trasmissione del virus. Per la prima volta e dopo diverse settimane, infatti, si è registrato un Rt pari a 0,92 e dunque inferiore alla soglia di 1, fondamentale per poter assistere ad un decremento dei contagi. Tuttavia, l’Iss ritiene l’indice “non affidabile”. Ed i dati degli ultimi due giorni sembrerebbero dare ragione a questa valutazione, anche in considerazione di una percentuale di positivi rispetto ai tamponi processati ben maggiore rispetto a quella nazionale (ieri poco sopra il 15% a fronte di una media nazionale che si è fermata all’11,6%).

SALTA LA VALUTAZIONE SULLA “PROBABILITÀ DI DIFFUSIONE”

La valutazione complessiva del rischio che viene compiuta settimanalmente dall’Iss è il risultato dell’analisi di tre asset: probabilità di diffusione, impatto e resilienza territoriale. A far saltare il banco è proprio il primo, che segna l’inesorabile “non valutabile”. Ogni asset, infatti, viene determinato rispondendo a specifiche domande che determinano il “famoso” algoritmo.

La probabilità di diffusione è determinata rispondendo a specifiche domande: il numero dei nuovi casi settimanali, l’Rt maggiore ad uno sulla data di inizio dei sintomi, l’aumento dei focolai rispetto alla settimana precedente e la loro dimensione, la valutazione di qualità del contact tracing ed il numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione note.

La precondizione per arrivare a questa determinazione, come spiegato da Brusaferro, è che «i dati siano riportati in maniera completa e questo è un presupposto per la solidità dell’analisi. Quando questo presupposto non si verifica – ha continuato il Presidente dell’Iss – come accaduto nel caso di una Regione, le stime e le analisi proposte soffrono di una difficoltà di valutazione». Il riferimento alla Calabria ed alle ragioni di quella impietosa scritta in rosso sono chiari. La non valutabilità non può che essere legata ai gravissimi vuoti di tracciamento. Gli altri indicatori, infatti, sono essenzialmente numerici e dunque evidenti.

VALUTAZIONE D’IMPATTO

Il secondo asset riguarda l’analisi del sovraccarico dei servizi ospedalieri e l’aumento dei servizi di assistenza. Anche in questo caso emerge una valutazione di rischio “alto”, condivisa però con altre 14 regioni. I motivi sono da rinvenire nell’indicatore di sovraccarico delle aree mediche (superiore al 40%) ed in quello dell’evidenza di nuovi focolai in rsa, case di riposo, ospedali o altri luoghi che ospitano popolazioni vulnerabili. È invece positivo il dato di sovraccarico delle terapie intensive, che rimane inferiore al 30%.

RESILIENZA TERRITORIALE

L’ultimo asset riguarda la capacità di intercettare e di tracciare i nuovi casi ed i contatti stretti. L’analisi è effettuata sulla base di quattro indicatori ed un criterio aggiuntivo. Si tratta dell’aumento della percentuale di positività ai tamponi, del numero sufficiente di risorse umane, dei tempi tra data di inizio dei sintomi e diagnosi, della capacità di effettuare una regolare indagine epidemiologica per tutti i nuovi casi. Tutti indicatori che rientrano nel macro mondo del tracciamento che in Calabria è stato ormai abdicato e che determinano anche in questo caso una situazione di allarme.

LA CALABRIA DOVEVA RIMANERE ZONA ROSSA?

Al termine di questa analisi c’è una conclusione che si impone e che è, in tutto e per tutto, un paradosso. Se l’indice Rt fosse stato ritenuto attendibile e se fosse stato valutabile l’asset sulla probabilità di trasmissione, la Calabria sarebbe stata collocata nello scenario di trasmissione “uno”, che avrebbe potuto determinare addirittura la zona gialla. L’insieme dei dati esposti, però, avrebbe deposto – come emerso in un primo tempo nel pomeriggio di venerdì – a favore di una permanenza in zona rossa. Possibilità che aveva già fatto insorgere la politica regionale, pronta a mettere ancora in rilievo la mancata nomina del commissario, poi arrivata in serata.

Ecco allora che, forse, la “promozione” in zona arancione è figlia di una precisa scelta politica che in qualche modo, viste le impercettibili differenze pratiche rispetto alla zona rossa, prova a rimettere ordine al termine di un mese di alta tensione.

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