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COSENZA – Cambiano i nomi ma la sostanza è quasi la stessa. Il progetto delle Case della salute adesso passa dal Pnrr attraverso le Case di comunità. Cinquantasei progetti per creare quello che fino ad oggi non è stato mai messo in moto a queste latitudini, l’assistenza sul territorio. Stanziati 75,2 milioni. Qui i pediatri di libera scelta e i medici di medicina generale dovrebbero lavorare in equipe collaborando con specialisti ambulatoriali, tecnici e professionisti. Si tratta di un primo grande presidio sanitario, ambulatoriale e sociosanitario.

Il grande paradosso è che nel report del centro studi della Camera dei Deputati vengono citate strutture che in realtà non svolgono quella attività (LEGGI) e che, anzi, adesso andranno adeguate o addirittura convertite in ospedali di comunità proprio utilizzando i fondi del Pnrr.

È il caso di Mesoraca, segnalata nel report come in corso di ristrutturazione, e da riconvertire in ospedale secondo il piano del Pnrr. L’ospedale di Cariati, nonostante la riapertura di reparti e una conversione in atto, viene comunque indicato come casa della salute. Vale anche per Lungro e Mormanno, l’ex ospedale di San Marco Argentano, Soriano, Palmi e Oppido (che dovrebbe diventare ospedale di comunità).

Il progetto di Taurianova è quello di una centrale operativa territoriale, mentre Chiaravalle oggi dovrebbe diventare ospedale di comunità. Il progetto, come fu per le Case della salute, ha già incontrato le prime resistenze. I primi ad opporsi sono ancora una volta i medici di medicina generale che poco tempo fa puntarono il dito contro un progetto definito già «obsoleto» e «fallimentare».

Nel frattempo la Calabria resta senza un presidio che in altre regioni funziona e “drena” pazienti proprio alla sanità privata. È un po’ come Aft e Uccp, nate per “risolvere” il problema dei codici bianchi in ospedale e la carenza di screening sul territorio, diventate anch’esse una scatola vuota soprattutto per mancanza di strumentazioni.

L’altro problema è che tutti questi progetti rischiano di restare ulteriormente sulla carta per mancanza di fondi. L’aumento dei costi dell’ultimo anno ha già reso obsoleto un progetto nato per rilanciare il sistema sanitario all’indomani della pandemia. Insomma, i 75,2 milioni pensati per aprire le case di comunità non basteranno visti i tempi, con il rischio di ritrovarsi ancora una volta con una sanità delle intenzioni esistente solo sulla carta.

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