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COSENZA – Gli addetti ai lavori parlano ormai di “Questione medica”. In Calabria, stando ai dati Simeu riportati dal Quotidiano, su 980 operatori sanitari il 65% risulta essere vittima di aggressioni; di questi il 66% si riferisce ad aggressioni verbali, mentre il 33,8% ad aggressioni fisiche.

A marzo l’Inail ha messo nero su bianco un altro aspetto: il 24.8% degli infermieri che ha segnalato di aver subito violenza nell’ultimo anno ha riportato un danno fisico o psicologico. Per il 96.3% il danno è a livello psicologico. Il 10.8% ha dichiarato che i danni fisici o psicologici hanno causato disabilità permanenti e modifiche delle responsabilità lavorative, morale ridotto (41%) e il burnout (33%).

Gli ultimi casi dell’ospedale di Vibo Valentia sono, insomma, la punta dell’iceberg in un contesto sempre più complesso che si muove di pari passo con quello che non c’è nella sanità calabrese. Oggi il commissario/presidente dovrà presentare il programma operativo ai ministeri durante il tavolo Adduce, qui si dovrà fare il punto su quello che i dottori chiedono dopo due anni di pandemia. Assunzioni e tutele. Ma anche una riorganizzazione complessiva che in questi anni di mancanze ha quasi del tutto azzerato la sanità in Calabria.

Il calo profondo dei Lea e delle prestazioni, gli screening completamente azzerati, la “caccia” al personale a tempo determinato per tenere in piedi il servizio di soccorso, garanzie che in questi mesi non ci sono state, mentre si fatica a realizzare quanto programmato sul fronte strutturale (terapie intensive e subintensive).

Poi c’è il Pnrr, che rischia di risultare obsoleto sul fronte stanziamenti prima ancora di partire in maniera effettiva per colpa di un aumento dei costi ad oggi difficilmente arginabile, visti i venti di crisi.

E così i medici lasciano quel poco che c’è, stando allo studio Anaao circa il 4% dei dottori nel 2021 ha scelto di licenziarsi mentre i concorsi continuano ad andare deserti proprio per mancanza di condizioni minime di sicurezza professionale e fisica.

Ci sono poi aspetti paradossali, come quello dei medici di medicina generale che da sei mesi sono in attesa del pagamento delle vaccinazioni anti-Covid nonostante gli accordi firmati a suo tempo. Sono tutte questioni in un certo senso confluite nel manifesto nazionale dei medici, reso noto qualche giorno fa al convegno della Fnomceo.

Tra i venti punti c’è anche la richiesta di costituire un osservatorio sulla tutela dei diritti e delle condizioni lavorative del personale sanitario, ma è il primo punto a dare l’imput sul resto. Riguarda proprio la carenza dei medici.

Necessario “eliminare il tetto al fondo 2004 e raddoppiare e aumentare l’attrattività per le borse per la Formazione Specifica in Medicina Generale al fine di impostare una corretta programmazione degli organici, sia per il personale dipendente che convenzionato, per i prossimi 10 anni”.

Un altro discorso ampiamente dibattuto a queste latitudini riguarda il 118 e i Pronto soccorso. La proposta inoltrata dalla Fnomceo è chiara: “riconoscimento della condizione di lavoro usurante e incremento del Fondo specifico per valorizzare le competenze dei medici del Servizio 118 e del Pronto Soccorso. Valorizzare il lavoro notturno”. Un aspetto che a queste latitudini è ulteriormente acuito da condizioni di lavoro ancora più precarie.

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