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La sede dell'Usca di Cosenza

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COSENZA – Il virus non molla la presa e le strutture ospedaliere cominciano a vacillare. Basta guardare ai 211 ricoveri nei reparti di malattie infettive con dati aggiornati a ieri. Ieri su 5.237 tamponi effettuati sono stati registrati 1.628 casi positivi. Due invece i decessi per un totale di 2.683 morti da inizio epidemia. Undici i nuovi ricoveri in area medica e uno in meno in rianimazione dove i ricoverati sono sette.

L’impatto di Omicron 5 sembra essere ancora abbastanza contenuto, ma quello che sta accadendo attorno ai servizi sanitari negli ultimi giorni potrebbe dare il colpo di grazia ad una sanità stremata e ancora oggi disorganizzata di fronte la pandemia. Il caso resta sempre quello delle Usca e il mancato rinnovo dei contratti ai medici. Mentre le aziende si stanno muovendo in ordine sparso a Cosenza sono stati prorogati per sessanta giorni soltanto i contratti cococo di infermieri impegnati nell’assistenza Covid, fisioterapisti e Oss. Ai medici, invece, è stato offerto un passaggio con contratto di continuità assistenziale (la cosiddetta guardia medica) con completamento orario presso le Usca.

Una proposta che, come raccontato dal Quotidiano pochi giorni fa, è stata considerata “demansionante” dai dottori fino al 30 giugno in servizio nelle Usca. Gli stessi che negli ultimi anni si sono occupati di vaccini, tamponi, visite domiciliari, somministrazione di anticorpi monoclonali, interventi in Rsa. Hanno di fatto costituito la prima barriera alla proliferazione del virus in Calabria. Il 90% dei tracciamenti infatti è stato gestito da personale Usca, così come i vax day spinti da Occhiuto in maniera assoluta prima di questa estate.  Il progetto di ospedali Covid e lungodegenze legate alla pandemia sembra sfumare in attesa della “manna” del Pnrr prevista per il 2026.

L’altro problema è però quello degli stipendi, moltissimi i medici che attendono spettanze legate alle attività nelle Usca da dicembre. Una situazione che negli ultimi giorni, complice lo “scherzo” sui contratti, si è inasprita al punto tale che si sta considerando una risoluzione per vie legali.

Sul problema si è espresso anche Ferdinando Laghi, medico e capogruppo in Consiglio regionale della lista De Magistris. «Gli strumenti di difesa nei confronti del contagio e della malattia, non dovrebbero essere troppo precocemente accantonati o smantellati» – dice – «Certamente, i profili professionali di chi ha lavorato e lavora in questo ambito non sono omogenei, così come la normativa che li riguarda interseca competenze statali e regionali. Ma, trattandosi di una situazione che attiene ad un problema di salute così grave ed eccezionale come la pandemia che ancora stiamo vivendo, la priorità dovrebbe essere ovviamente quella della salute della popolazione. La evidente necessità è quella di prorogare le attività delle Usca, a mio parere almeno fino a fine anno – conclude Laghi -, anche in considerazione di ciò che si ritiene possa avvenire, dal punto di vista epidemiologico, nell’autunno prossimo. Sarebbe davvero paradossale che in una situazione come quella attuale, di vera e propria desertificazione delle strutture sanitarie calabresi, si proceda a tagli ulteriori sulla base di previsioni rivelatesi, fin qui, tra l’altro, spesso inattendibili».

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