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COSENZA – Muoversi con le vaccinazioni ma soprattutto preparare gli ospedali incrementando i posti letto Covid a disposizione. La circolare del ministero della Salute suona la “sveglia” alle Regioni a ridosso di una crisi ampiamente annunciata. E anche in questa occasione la Calabria si fa trovare molto indietro e con una marea di incognite.

I dati non sono rassicuranti. I ricoveri continuano a salire (ieri altre 3 persone in area medica per un totale di 268 ricoveri), il numero dei casi giornalieri è ancora sopra i tremila (3.024 su 9.128 tamponi) e il numero dei decessi giornalieri è salito a cinque per un totale di 2.698 morti da inizio epidemia. Stabili le rianimazioni con dieci persone attualmente sotto osservazione. La Calabria dunque deve fare di più per evitare il collasso ospedaliero, i primi segnali ci sono tutti.

Secondo il ministero della Salute è più che mai necessaria «l’attivazione delle misure organizzative atte a fronteggiare nelle prossime settimane un incremento della domanda di assistenza sanitaria legata all’infezione, sia a livello ospedaliero che territoriale, garantendo l’adeguato ampliamento dei posti letto e la corretta e tempestiva presa in carico dei pazienti in relazione alle specifiche necessità assistenziali, con particolare riferimento alle categorie più fragili». Ora, la Calabria ha a disposizione poco più di 1000 posti letto nelle aree mediche, 183 nelle terapie intensive. E questo è il dato più sconfortante: dall’inizio epidemia, nonostante un decreto (il 91 del 2020) che puntava a riorganizzare la rete ospedaliera per effetto del Covid, la Calabria ha reso strutturali solo 37 posti letto in più rispetto ai 146 pre-pandemia. Stando ai decreti invece dovrebbe aggiungerne 134.

Il sindacato dei medici (Smi) intanto va all’attacco: «Dopo due anni di pandemia non sono state assunte misure strutturali per la medicina territoriale e per quella ospedaliera. In Calabria situazione decisamente allarmante, con migliaia di nuovi contagi giornalieri e una situazione generale difficile da gestire. Dinnanzi alla recrudescenza della pandemia, che vede l’aumento dei ricoverati in terapia intensiva e dei decessi settimanali, la chiusura delle Usca rappresenta un duro colpo, impossibile da assorbire per i medici di famiglia. Questo genere di provvedimenti – dice il dottore Cosmo De Matteis (presidente nazionale emerito dello SMI) –penalizza ulteriormente quanti, da due anni, sono in prima linea nel contrasto del virus, e parlo di medici e infermieri ormai stremati e privi finanche di adeguate coperture economiche per lo sforzo messo in campo. Occorre riprogrammare gli interventi al più presto, modulandoli secondo le esigenze territoriali. I medici fanno quello che possono per garantire reparti aperti e cure a tutti, mentre il governo sembra intenzionato a prediligere soltanto l’edilizia ospedaliera. Va bene tranquillizzare ma occorrerebbero pure fatti concreti, aiuti tangibili e non sistematici ridimensionamenti. La chiusura delle Usca rappresenta un vero e proprio passo indietro che, nonostante il vaccino predisposto per l’autunno, rischia di farci ripiombare nelle tristi condizioni di due anni fa».

Nel frattempo la Regione, tramite una nota a firma Iole Fantozzi, direttore generale del Dipartimento Tutela della salute e Servizi socio-sanitari della Regione Calabria, insiste: «A fronte del considerevole aumento dei contagi, nelle more di impartire indicazioni ulteriori discendenti dalle decisioni governative, si ribadisce l’attenzione alle procedure messe in atto dalla Regione Calabria per il contrasto alla pandemia. Si tratta di attività di pianificazione rivolte alle aziende ed informazioni utili per i cittadini con lo scopo di ridurre la diffusione del virus e la pressione sulla rete ospedaliera. Si ribadisce, inoltre, l’importanza per gli over 80 e i pazienti fragili di sottoporsi alla seconda dose booster del vaccino. A tal proposito la Regione Calabria non ha mai chiuso i centri vaccinali, nei quali tutti i cittadini possono recarsi anche senza prenotazione. Dagli ultimi report Aifa, infine, risulta un incremento della somministrazione di anticorpi monoclonali».

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