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Sergio Mattarella

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Medici cubani, il caso arriva al presidente della Repubblica Sergio Mattarella

COSENZA – Modificare la normativa sull’impiego di medici extracomunitari nelle regioni italiane. È questo il senso della lettera inviata da Filippo Anelli, presidente della federazione nazionale degli Ordini dei medici ed odontoiatri, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una lettera che nasce prima di tutto dallo scontro tra il presidente occhiuto e l’Ordine sul caso dei medici cubani chiamati per far fronte alle carenze di personale.

Caso che a cascata si è riverberato in altre regioni, Puglia e Sicilia in primis, a caccia di medici da altre nazioni. Un “sollecito” quello di Anelli, «su una questione che, nelle ultime settimane, è stata oggetto di confronti anche accesi, nell’ambito delle nostre Istituzioni come all’interno della Professione medica. Il ricorso a medici provenienti da Paesi extracomunitari chiamati a operare, da alcune Regioni, al fine di sopperire alla carenza di personale sanitario, in particolare medico sulla base di una legislazione che appare opportuno, a nostro avviso, rivedere».

IL CASO DEI MEDICI CUBANI E IL NODO DELLA LEGGE SOTTOPOSTO A MATTARELLA

Il punto è l’articolo sei bis del decreto legge 105 del 2021 che, secondo Anelli, si sta applicando fuori dal perimetro di riferimento: l’emergenza Covid formalmente derubricata. «È ben noto che l’enorme richiesta assistenziale che si è riscontrata nel nostro Paese a causa della pandemia da Covid-19 e riguardo alla quale le dotazioni organiche delle Professioni sanitarie non avevano possibilità di far fronte in maniera adeguata, ha richiesto l’attivazione di strumenti anche normativi, emergenziali.

L’articolo 6 bis del decreto legge n.105/21 inserito dalla Legge di conversione del 16 settembre 2021 n.126 e successive modificazioni e integrazioni ha previsto, fino al 31 dicembre 2023, la possibilità di “esercizio temporaneo, nel territorio nazionale, delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario, in deroga alle norme sul riconoscimento delle predette qualifiche professionali secondo le procedure di cui all’articolo 13 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27”».

La norma avrebbe quindi «operato un’estensione della ratio primigenia del provvedimento assunto allargando, a una fattispecie “diversa” ovvero la carenza di personale sanitario e socio-sanitario, quella deroga inizialmente concessa esclusivamente per fronteggiare la pandemia da Covid-19, durante lo stato emergenziale.

LE PERPLESSITÀ LEGATE ALL’EMERGENZA COVID

Quella scelta motivata dallo stato pandemico sanitario e mirata ad affrontare un’emergenza del calibro del Covid-19, desta evidentemente notevoli perplessità se applicata ad altre circostanze, atteso che attenua le garanzie poste in via ordinaria a presidio della sicurezza delle cure in favore del cittadino. E invero, deve sottolinearsi che il riconoscimento dei titoli e, in generale, le modalità ordinarie di esercizio della professione medica sono strumenti che consentono un controllo preventivo sulla preparazione, sulla formazione e sulla qualificazione di medici provenienti dall’estero, tutti controlli ai quali un medico italiano è sottoposto senza eccezioni. In tal senso non sembra superfluo richiamare la procedura ordinaria di riconoscimento dei titoli esperita presso il Ministero della Salute, tuttora operante.

In altri termini, la comparazione tra i due interessi, in senso giuridico, che vengono in rilievo – e cioè la sicurezza delle cure e il ricorso a mezzi straordinari di reclutamento del personale – a parere dello scrivente Fnomceo, Ente pubblico non economico, sussidiario dello Stato, non appare giustificare la deroga al sistema di garanzia, specie se questa è determinata da esigenze, tengo a ricordare più volte segnalate dalla Fnomceo che, pur impattando sull’assistenza, sono tutt’altro che improvvise e non altrimenti gestibili con strumenti ordinari».

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