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Dalle stazioni senza binari utili ai bus che non arrivano, il racconto amaro di una Calabria interrotta tra piccole svolte infrastrutturali e ritardi cronici


Il Cugino Nino ha una faccia scura: ottanta chilometri sono troppi, dieci con la nebbia in montagna, solo per andare a prendere il Cugino Pietro che arriva dal Nord per le Feste. Il “Che si dice a Roma?” stavolta suona più stanco. Ma ancora non esiste alternativa ai parenti, nella Calabria interrotta che celebra Ryanair (più a Lamezia che a Reggio, almeno secondo gli umori attuali) ma lascia tanti cittadini al buio nelle stazioni. Devi trovare sempre un passaggio, o un piano B, come se la Regione fosse costruita a misura di automobile, molto meno di trasporti pubblici: poi capiremo che anche lì c’è un problema.

L’ODISSEA DI CATERINA E I CONDANNATI ALL’AUTO

Caterina Amato, che vive a Londra, scrive furiosa: «Da non credere! A causa dei ritardi accumulati con il Frecciarossa, non ci sono treni in partenza da Cosenza verso Sibari fino a domani mattina alle 5,33». Per poi consolare i suoi amici di Facebook con un aggiornamento. «Appena giunta a casa, grazie alla gentilezza di una coppia di signori conosciuti in stazione, aspettavano la figlia in arrivo da Milano, mi hanno dato un passaggio».

Un amico mi manda il post e commenta: «Ecco la Calabria spiegata in cinque righe. Domani dovrei andare da Vibo a Cosenza, in auto è un’ora, con i mezzi pubblici una mission impossible. Mi sa che anche in pensione mi toccherà vivere nella Capitale». E stiamo parlando di persone autonome, giovani e deambulanti. Ma cosa è stato predisposto per i più deboli, gli anziani, quelli che hanno meno mezzi? La Federconsumatori parla di un sistema «obsoleto e classista», fermo agli anni ’90, ma con prezzi altissimi, soprattutto durante le vacanze.

Rimangono i misteri: i non luoghi come la immensa stazione di Cosenza dove il binario si ferma. O la stazione di Vibo-Pizzo, che non sta né a Vibo né a Pizzo. Con itinerari tragicomici: se arrivi a Lamezia alle 13,16, per arrivare a Vibo devi fare 75 minuti di treno e aspettare il parente. In alternativa vai all’aeroporto di Lamezia e da lì un bus… eccetera eccetera.

QUALCOSA È CAMBIATO NELLA CALABRIA INTERROTTA

Rieccoci allora a parlare di Calabria interrotta, un anno e più dopo una lunga e sconsolata inchiesta giornalistica. Prima le buone notizie: a quanto pare Trenitalia farà in modo di garantire la coincidenza dei treni veloci con la Paola-Cosenza (sempre troppo tardi). Ma sono ancora troppo rare le corse dal mare alla città dei Bruzi, nonostante la linea ferroviaria sia comoda e a suo modo scenografica: il risultato è che davanti ai binari, o con l’auto in seconda fila, non mancano mai i cugini di cui sopra.

Altre buone notizie: Soveria Mannelli, riconosciuto centro produttivo, ha finalmente il suo tunnel. In un paese che aspetta da vent’anni la famosa superstrada del Medio Savuto, – con la ferrovia isolata da tre lato CZ e più di dieci anni lato CS – l’apertura parziale fa risparmiare una quindicina di minuti agli automobilisti. Ma soprattutto evita ai Tir che vanno e vengono dall’A2 una serie pericolosa di tornanti a gomito, passaggi stretti su una montagna che conosce la neve.
E ancora: il ponte sul Savuto è quasi finito! Fosse anche 24 ore prima del 2 marzo, giorno del crollo, l’infrastruttura va riaperta. E sarà una gioia, vista la sua funzione di alternativa alla statale tirrenica fra le province di Catanzaro e Cosenza, spesso minacciata dal mare. Vent’anni però sono troppi, non dobbiamo ringraziare nessuno.

PROPRIO VERO, LE CALABRIE SONO TANTE

Oltre gli esempi di sapore medievale (ci sono comuni dove il bus si ferma ai confini per non favorire i rivali confinanti) va detto che in certi casi è più semplice arrivare a Milano che al nord della Calabria, partendo da Sud e viceversa. Ma mettiamo che un amante e studioso di castelli non possegga un’auto e nemmeno un cugino, e abbia bisogno di andare da Scilla a Santa Severina usando i mezzi pubblici. Il portale delle ferrovie calabresi è ormai uno dei pochi a non avere il classico campo di ricerca: da dove e dove vuoi andare. Quindi per andare da un posto all’altro devi provare a capire su quale tratta può esserci la fermata che ti interessa. Per non parlare dei codici delle linee, un vero e proprio rebus. Urge aggiornamento informatico, rivolgersi a uno studente del secondo anno ad Arcavacata.

Ma la ciliegina finale è il viaggio: se prendi un bus da Cosenza e Catanzaro, potrà capitarti di essere depositato in un hotel, e di dover fare a piedi, triste e solitario, il lunghissimo ponte che porta alla città. Qui potrebbe intervenire il presidente Occhiuto, che rivendica la rivoluzione-Uber, per chi l’ha vista. Per ora ci sono i tassisti a tariffa fissa: a Reggio, dai dieci ai quindici euro, anche se si tratta di un chilometro.

LA CALABRIA INTERROTTA E IL LAMENTO DEL VIAGGIATORE

Cleto Corposanto, professore di sociologia, è una firma conosciuta del nostro supplemento culturale “Mimì”. Parte e scrive illuminati reportage che arrivano alla Nuova Zelanda, ma la partenza dal suo paesino sullo Jonio non è mai liscia. Con una certezza: «Per i lunghi tragitti, devi passare per forza da Lamezia, non esiste un altro baricentro regionale. All’andata parenti o amici, al ritorno la speranza di un bus, che passa e che non passa. Solo da qualche anno, c’è la possibilità di arrivare con un biglietto urbano dalla stazione FS, prima era obbligatorio il taxi. In tutti gli scali del mondo, in venti minuti sei dentro e fuori l’aeroporto. A Lamezia, così gelosa anche del nome dello scalo, no».

A PROPOSITO DI CALABRIA INTERROTTA, E BUS ITALIA?

Qui abbiamo bisogno di testimonianze di lettori e utenti. Che ne è del clamoroso progetto annunciato dal ministro dei Trasporti Salvini ai ottobre, alla vigilia delle elezioni regionali? Stiamo parlando di Bus Italia, dei mezzi avveniristici promessi e mai entrati in servizio. Sul sito ufficiale si parla di Umbria, Veneto e Campania, ogni riferimento sulla Calabria viene rimandato a un numero verde. La trasmissione “Piazza Pulita” ha individuato i famosi bus chiusi in un deposito calabro.

COME UN GATTO SULLA TRAVERSALE

I passaggi Jonio-Tirreno sono difficili. La Bovalino-Bagnara è pura utopia, a parte i novecento metri dell’incompiuta con vista Platì. Diffidate delle promesse, i soldi non ci sono. Le ferrovie Taurensi sono un sogno e un diritto, nonché un servizio, sarebbero un antidoto allo spopolamento dei paesi della Piana. Sentito un funzionario regionale affermare in un convegno che è giusto cancellare le linee in rosso. Obbligarlo, con una parte del suo stipendio, a fare un giro per le città del Nord Europa.

Proseguono i lavori sulla galleria della Limina, la Jonio-Tirreno resta comunque una strada molto pericolosa. La superstrada fra Lamezia e Catanzaro Lido è un passaggio obbligato. Più a nord le attese e i blocchi diventano insopportabili.

La Statale 106 va avanti a pezzi: bene sull’alto Jonio, da Corigliano-Rossano in giù i cantieri diventano rari e la superstrada continua a passare dai centri abitati. Da Catanzaro a Reggio chiamarla Statale diventa un complimento. Per fortuna c’è Fabio Pugliese, animatore del comitato sulla 106, un vero e proprio difensore civico, un cane da guardia del potere nell’accezione anglosassone del termine, con una cultura/conoscenza che va oltre le stagioni della politica. Se volete sapere la verità sulla situazione, chiedete a lui e non a quelli che fanno finta di posare la prima pietra. Con una chiosa che ripetiamo ogni volta: non c’è settore più inquinato, più sottoposto a pressioni mafiose di quello dei lavori pubblici. Quello della criminalità rimane un drammatico ostacolo.

PALETTA E SECCHIELLO

Nella letteratura infinita delle inaugurazioni che non arrivano, non va però dimenticato il famoso ponte dei sospiri sul Calopinace, a Reggio Calabria. Unirebbe due tratti scenografici: la via Marina e il Parco Lineare Sud, tutto molto instagrammabile. Lungo circa trenta metri in tutto, non ha visto ancora la luce, e sono passati cinque anni dal via libera. Le ultime notizie di cronaca lo davano “pronto in quattro mesi” in luglio. Ma di promesse sui Ponti con la maiuscola ne abbiamo ascoltate tante, non c’è da scandalizzarsi. I primi tempi un padre scrisse sull’argine del torrente: “Mio figlio con paletta e secchiello ci avrebbe messo di meno”. Attenzione, perché anche il bimbo sta diventando grande. Appena prende la patente, rischia di diventare un altro Cugino in servizio permanente durante le feste.

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