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Luigi Bonaventura

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CROTONE – «A questo punto non so se ci sono più le condizioni per continuare a collaborare con la giustizia». Sta pensando di mollare tutto, Luigi Bonaventura, ex reggente della cosca Bonaventura Corigliano di Crotone, collaboratore di giustizia che ha fatto rivelazioni a 14 Procure sparse per l’Italia e che continua ad essere utilizzato da varie Dda nelle nuove inchieste e nei processi in corso e, a quanto pare, al centro di nuove minacce. Come quelle che gli ha veicolato via social un imputato del processo Herakles.

NUOVE MINACCE

Riportiamo, integralmente, con tutte le sgrammaticature e gli orrori di sintassi, uno dei messaggi minatori giunti tramite Facebook a Bonaventura. «Te lo dico dal vivo un giorno non dimenticare 6 anni di galera lontani dai miei figli innocente a assolto a formula piena questi amici che ai adesso che ti ammirano sanno che 30 persone sono stati assolti per tutte le cazzte che ai detto vabbè gente come te devono essere se non ci vediamo Dio e grande ma il male li voglio solo per te Dio mi ascolta i bambini lo spero con tutto il cuore gli auguro 100 anni di felicità e se voglio il loro male voglio il male dei miei figli». Il riferimento agli amici è all’associazione “Sostenitori dei collaboratori e testimoni di giustizia” che, tra l’altro, ha partecipato alla manifestazione dello scorso gennaio a Catanzaro in segno di solidarietà al procuratore Nicola Gratteri. Due giorni prima della manifestazione, Giulio Cavalli, attore, scrittore, collaboratore di Fanpage.it, che si trovava a Catanzaro Lido, viene «avvicinato – è sempre il racconto di Bonaventura al Quotidiano – in un bar da alcune persone che gli dicono con fare minaccioso: “ma tu sei l’amico di Bonaventura? Portagli i saluti di zio Pino di Catanzaro”». Non è dato sapere chi sia tale “zio Pino”, e il messaggio appare indecifrabile allo stesso pentito.

INFORMAZIONI RISERVATE

Bonaventura sostiene di essere venuto in possesso, circa 15 giorni fa, di informazioni riservate relative all’esistenza di un “locale” di ‘ndrangheta all’estero, in quanto gli sarebbe stata fornita la possibilità di visionare una sorta di “libro mastro” – almeno così lui lo definisce – con le regole da seguire per gli affiliati. Il pentito parla di «Un quaderno piuttosto vecchio che non mi spiego come mai si trovasse in un Paese estero».

PLICO APERTO

Bonaventura vorrebbe girare queste e altre informazioni alla Dda di Catanzaro ma, a suo dire, gli agenti del Nop (Nucleo operativo di protezione) gli hanno comunicato che può inviare lettere e documenti soltanto tramite plichi aperti. «In queste condizioni come faccio a spedire atti riservati?», si chiede. La domanda sorge spontanea: non può fare un’istanza per essere sentito? «Lo farò a breve, ma io ritengo che sia il sistema di protezione che non funziona, tant’è che non ne faccio parte», replica Bonaventura.

PROGRAMMA DI PROTEZIONE

Bonaventura usufruisce, infatti, della protezione garantita ai familiari di cui è ospite ma attende ancora che gli siano fornite generalità di copertura e da ottobre non ha risposte dopo essere stato sentito dalla Commissione parlamentare antimafia.

DIRITTO ALLO STUDIO

Inoltre, si oppone all’eventualità di un suo trasferimento, che pure gli è stato paventato, in quanto ciò, sempre a dire di Bonaventura, «impedirebbe a mio figlio di proseguire gli studi. Dopo gli esami di maturità che farà quest’estate mio figlio – dice il collaboratore di giustizia – vorrebbe iscriversi all’università ma ci hanno già comunicato che non può iscriversi in un’università della provincia in cui ha sede la località protetta. Considerate le minacce di cui continuiamo a essere oggetto io e miei familiari, questo è assurdo».

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