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I resti del barcone sulla spiaggia

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CUTRO (KR) – Un milione di euro. Tanto avrebbe fruttato ai trafficanti la tragica traversata nella quale sono morte almeno 87 persone (l’ultima salma, quella di un quarantenne, è stata rinvenuta a Praialonga). Lo si ricava da uno dei nuovi interrogatori dei superstiti del naufragio di Steccato di Cutro del 26 febbraio scorso.

«Ricordo che uno dei membri dell’equipaggio aveva con sé uno zaino con tanti soldi, a bordo tra noi migranti si diceva un milione di euro», ha detto un iraniano agli investigatori della Squadra Mobile della Questura che stanno giustapponendo altri tasselli per ricostruire con esattezza il dramma.

Chissà se gli scafisti in fuga (quattro dei sei presunti membri dell’equipaggio sono stati fermati, uno è morto e un sesto, un siriano, è ancora irreperibile) sono riusciti a portare via e mettere a riparo il bottino grondante sangue, mentre il barcone si schiantava contro la secca. «Era uno zaino di colore nero, grande, ricordo che era posto sotto il divano dov’era seduto».

Il teste ricorda che come garanzia di pagamento suo padre aveva impegnato una villa e un terreno di cui sarebbe divenuto proprietario un mediatore, che avrebbe versato anticipatamente 120mila euro al trafficante. E fa il nome sia del trafficante che del mediatore.

«Siamo partiti dall’Iran – dice ancora lo scampato al massacro di Steccato – dove ho vissuto per circa 15 anni con tutta la mia famiglia per raggiungere la Turchia nel novembre 2022… siamo venuti a conoscenza del viaggio per l’Italia tramite un organizzatore afghano…quest’ultimo ha telefonato a mio padre e gli ha dato l’indirizzo per raggiungere una casa, siamo giunti con due taxi, c’erano già 50, forse 60 persone… dopo poche ore è arrivato un furgone e siamo saliti tutti, abbiamo raggiunto una nuova zona, da qui siamo stati trasferiti su un camion, siamo arrivati a Izmir dopo undici ore, ci controllava un pakistano seduto al fianco dell’autista».

Lo stesso teste aggiunge il particolare che l’organizzazione transnazionale che lucra sulla disperazione è armata, e minaccia con le armi i disperati. «Una volta in spiaggia c’erano tantissime persone, 180, forse 200, ci siamo incamminati verso una foresta. Gli organizzatori ci avevano garantito che c’erano due barche ma ce n’era una sola, di colore bianco, mio padre e altre famiglie hanno iniziato a lamentarsi perché non erano queste le condizioni pattuite, non erano garantite condizioni di sicurezza, ma se qualcuno si fosse rifiutato di salire a bordo veniva minacciato con armi, ci dicevano che non potevamo più rifiutarci, venivamo minacciati di morte. Una volta saliti siamo partiti subito, era notte e mi sono addormentato, quando mi sono svegliato la mattina la barca era ferma per problemi al motore, dopo due ore di attesa è arrivata un’altra barca, siamo saliti su quest’ultima che ci ha portato in Italia».

L’imbarcazione sarebbe stata condotta da quattro scafisti con i quali, a suo dire, si interfacciavano due facilitatori pakistani che consentivano ai migranti di salire sul ponte soltanto per esigenze fisiologiche.

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