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L’ombra dei clan di Isola Capo Rizzuto si allunga anche sui giri di usura che hanno portato all’arresto di due persone nel centro del crotonese


ISOLA CAPO RIZZUTO – Se non restituivano prestiti con interessi vorticosi, che potevano arrivare fino al 200 per cento, venivano minacciati di fare una «brutta fine». Ma le vittime hanno raccontato tutto agli inquirenti e sono scattati due arresti per usura con l’aggravante mafiosa. La Guardia di finanza di Crotone ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Salvatore Parisi, di 67 anni, di Isola Capo Rizzuto, e Francesco Savoia, di 53, anch’egli di Isola. Le misure, disposte dal gip distrettuale di Catanzaro Chiara Esposito in accoglimento delle richieste dei pm Antimafia Domenico Guarascio, Pasquale Mandolfino e Paolo Sirleo, si basano sugli esiti di intercettazioni ma anche sulle denunce delle vittime che appaiono tutte «dettagliate e credibili».

Da apripista ha fatto uno di loro, poi hanno parlato anche gli altri. Sei gli imprenditori che sarebbero stati vessati. Operano nel settore dell’edilizia, dell’agricoltura, delle assicurazioni, della macellazione di animali e del commercio. Versavano in stato di difficoltà quando hanno chiesto finanziamenti anche per qualche decina di migliaia di euro, ma venivano loro imposti tassi usurari che, secondo l’accusa, potevano arrivare fino a un tasso annuale del 200 per cento.

USURA A ISOLA CAPO RIZZUTO, LE MINACCE

In un caso gli indagati avrebbero attuato anche un’intimidazione per riscuotere crediti. Parisi, in particolare, avrebbe rivolto la minaccia alla presenza di un esponente del clan Capicchiano. «Una brutta fine» avrebbe fatto l’imprenditore se non avesse assecondato la pretesa di tassi usurari. Ma anche quando non si trovavano al cospetto di mafiosi conclamati, non usavano mezzi termini: «La roba mia me la dovete dare, e domani e domani e domani, quand’è questo domani?», diceva uno degli indagati.

A volte i presunti usurai utilizzavano un gergo di copertura. Se, per esempio, la vittima opera nel settore della macellazione, gli indagati parlavano di “documenti di cavalli” che hanno una “scadenza”. Oppure utilizzavano termini sconclusionati, poiché è inusuale che sia l’assicuratore a doversi recare dall’assicurato per stipulare un contratto. Se, invece, la vittima è un imprenditore agricolo che annunciava al creditore che la prossima settimana il trattore sarebbe stato “aggiustato”, l’indagato spazientito replicava che la scadenza era tassativa: «ascoltami, non venire più tu da me, vengo io».
I finanzieri hanno sequestrato una somma di 170mila euro, pari agli importi indebitamente percepiti dagli indagati.

L’AGGRAVANTE MAFIOSA E I CONTATTI CON I CLAN

Quanto all’aggravante mafiosa, emergerebbe dalle carte dell’inchiesta la contiguità degli indagati a contesti di criminalità organizzata. Savoia ha avuto più incontri e contatti telefonici con Fiorello Maesano, esponente di vertice dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta. In almeno una circostanza, secondo la denuncia di una delle vittime di usura, Savoia avrebbe fatto riferimento a Giuseppe Arena e Antonio Poerio nell’indicare coloro che avevano investito nel denaro da prestare. «Per quanto riguarda Savoia – ha raccontato uno dei denuncianti – è certa la sua vicinanza alla cosca Arena, cosa che è solito manifestare ai suoi debitori per indurli a mantenere gli impegni presi». Parisi, oltre fare riferimento nelle intercettazioni a un “gruppo” del quale sarebbe intermediario, ha avuto incontri e contatti con Pasquale Arena, Fiorello Maesano e Francesco Ciampà, tutti già conosciuti dalle forze dell’ordine per vicende di mafia.

Una delle persone sentite dagli inquirenti è apparsa reticente. Ha proposto una versione inverosimile, ammettendo di essersi rivolto agli indagati per un prestito e di essersi disobbligando elargendo provviste alimentari. Gli investigatori ipotizzano che l’uomo temesse ritorsioni, anche perché nell’agosto 2021 ha subito l’incendio della propria macelleria. Una probabile intimidazione scattata in seguito all’impossibilità di onorare impegni presi con persone legate a un contesto di criminalità organizzata.

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