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Un momento dell'operazione

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CATANZARO – Non c’è settore dell’economia che non subiva l’ingerenza della cosca Farao Marincola. Affari su affari, pressioni, inserimenti, intimidazioni, vorticosi giri di usura. Sono 57 le società sequestrate nell’ambito dell’operazione “Stige” contro la cosca di Cirò Marina (LEGGI I PARTICOLARI). Buona parte di queste aziende è disseminata in Calabria, il resto è distribuita in varie città del centro e nord Italia, tra cui Roma, Bologna e la provincia di Como.

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SULL’OPERAZIONE “STIGE”

Tassello dopo tassello, il potere malavitoso si era impossessato di ogni settore in Calabria, nel centro e nord Italia e fino in Germania. Una condizione illustrata in conferenza stampa dal colonnello Lorenzo Sabatino del Servizio centrale dei Ros, il quale ha spiegato che i sequestri hanno riguardato “le imprese mafiose ma anche quei peni beni sottoponibili a confisca”.

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Il panorama del controllo economico attuato dalla cosca di ‘ndrangheta è assolutamente vario e non lascia alcun settore, compreso il diretto controllo “in via esclusiva” dei porti di Cirò Marina e Cariati, come dichiarato dal procuratore aggiunto Vincenzo Luberto. Il magistrato ha sottolineato la “mutazione genetica della ‘ndrangheta”, pronta a inserirsi direttamente e con propri rappresentanti sia nell’azione amministrativa e politica che in quella imprenditoriale.

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“Non sono più infiltrazioni nel tessuto imprenditoriale – ha aggiunto Luberto – ma immedesimazione. Sono stati creati veri e propri monopoli o duopoli per il controllo di diversi settori: dalla distribuzione di preparati e prodotti da forno alle scommesse, dai prodotti caseari a quelli dell’olio d’oliva, dagli alimentari e bevande al controllo del pescato. Ma la cosca aveva creato anche una cellulare per controllare anche le aste boschive, con il rimboscamento attuato negli anni che veniva depauperato, anche attraverso gli incendi, con il taglio selvaggio degli alberi nell’Altopiano Silano”.

Altri settori condizionati dalla cosca erano quelli relativi alla raccolta e al conferimento dei rifiuti, con il sequestro di tre aziende che si occupano di questo servizio. Il meccanismo utilizzato in questo campo, era quello di cambiare i vertici della società e “pulire” l’azienda nel momento in cui scattavano interdittive antimafia. Nel vortice di affari si inserivano, inoltre, interessi nella vendita, recupero e riciclaggio di cartone e plastica, anche con interessi da parte di imprenditori del Nord Italia.

Affari della ‘ndrangheta erano legati anche alla gestione di una casa di accoglienza per immigrati, situata a Cirò Marina, con un vorticoso giro di fatture per spese mai effettuate e con interessi nel controllo della stessa struttura. Grazie anche al controllo del fenomeno dell’usura, la cosca aveva acquisito il controllo di alcune cantine vitivinicole.

“Ogni cosca – ha spiegato Luberto – ha la propria linea di vini, magari chiamata con il nome del padre o della figlia, con le bottiglie vendute sino in Germania ad imprenditori che venivano costretti a mantenere i prodotti senza averli mai ordinati. Lo stesso clan – ha concluso – attraverso i propri uomini, aveva monopolizzato il semilavorato per pizza in diverse città tedesche”. 

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