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Alessia Pifferi

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CROTONE – Porta a Crotone la storia assurda di Alessia Pifferi, la donna di 37 anni accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia di 16 mesi in un appartamento di Milano, e che pertanto è stata fermata con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato dai futili motivi e dalla premeditazione.

La bimba, Diana, secondo quanto ricostruito dal pm Francesco De Tommasi, è stata lasciata sola dalla madre all’interno della loro abitazione in via Parea, nella periferia est di Milano, nella culla, per sette giorni consecutivi, senza assistenza, senza generi alimentari sufficienti e in condizioni di pericolo. La bimba è morta per mancanza di accudimento con accanto un biberon con poco latte e un flacone di ansiolitico. Sua madre era uscita di casa per andare dal compagno, a Leffe, in provincia di Bergamo, giovedì scorso. Per una settimana, nonostante sia pure tornata a Milano, non è passata a controllare la figlia.

«Sapevo che poteva morire», avrebbe detto alla polizia durante il ritrovamento del corpicino. Poi l’interrogatorio dinanzi al gip Fabrizio Filice e all’avvocato Raffaella Brambilla e la convalida del fermo. Adesso la donna è nel carcere di San Vittore. Pare che non fosse neanche la prima volta che accadeva. In almeno altre due occasioni, l’indagata avrebbe trascorso fine settimana fuori casa, abbandonando la piccola. Stavolta l’assenza si è protratta per più giorni, e all’attuale compagno aveva raccontato di aver mandato la bambina al mare con la sorella.

Alessia Pifferi, disoccupata, vive nella zona di Ponte Lambro. Fino a qualche anno fa conviveva con la madre che la aiutava economicamente ma che adesso si è trasferita a Crotone, secondo quanto riporta l’Eco di Bergamo. Si era separata dal marito che viveva nell’appartamento accanto al suo. Agli inquirenti ha detto che sua figlia è di padre ignoto e che ha scoperto la gravidanza soltanto al settimo mese. Diana, in effetti, è nata prematura il 29 gennaio 2021. Forse una gravidanza indesiderata.

Quando era a Leffe, il paese del nuovo compagno, diceva di essere una psicologa infantile, secondo alcune testimonianze. Lo scorso anno pare avesse addirittura mentito raccontando che la madre era morta di Covid. Diceva che doveva fare una gita col compagno ma che poi era saltato tutto perché sua madre, che avrebbe dovuto tenere la bimba, si era ammalata di Covid ed era addirittura morta. Diceva pure di dover andare a Crotone per i funerali.

Sarebbero in corso verifiche sullo stato psichico della donna, sul cui profilo Facebook compaiono tante frasi sull’importanza del prendersi cura di amici e familiari. «Ci sono ancora troppe domande senza risposta – ha commentato Alessandra Kustermann, anima del Servizio di soccorso violenza sessuale e domestica (Svsed) del Policlinico di Milano – Questa donna non ha mai mostrato disagio in precedenza? In che casa viveva? La piccola frequentava l’asilo? Chi era il medico della bimba, non ha mai notato niente di strano?», si chiede la ginecologa, che osserva: «L’Italia ha un servizio che funziona intorno alla maternità e all’infanzia, in media c’è un’estrema attenzione. Se una donna viene seguita in un consultorio o comunque in una struttura pubblica e vede sempre le stesse persone nei consultori, è chiaro che una situazione di disagio emerge».

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