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Un'aula di tribunale

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CROTONE – Condanne per quasi duecento anni di reclusione sono state chieste dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Paolo Sirleo, per i 14 imputati nel processo che si sta celebrando davanti al Tribunale di Crotone, scaturito dall’operazione Trigarium che il 30 luglio del 2018 (LEGGI) ha sgominato la cosca emergente dei Bagnato di Roccabernarda ed ha fatto luce sull’omicidio di Rocco Castiglione avvenuto il 31 maggio del 2014 per il quale è in corso il processo in Corte d’assise. 

Il processo vede alla sbarra dieci imputati che devono rispondere di associazione mafiosa, detenzione e porto illegale di armi, estorsione, ricettazione, danneggiamenti, uccisione di animali.

La richiesta di pena più pesante riguarda Antonio Santo Bagnato, ritenuto il capo della cosca, per il quale il pm ha chiesto 30 anni di reclusione; 20 invece gli anni di carcere chiesti per il figlio Giuseppe Bagnato. Per il collaboratore di giustizia Domenico Iaquinta, che ha permesso di fare luce sui fatti criminali della cosca e sull’omicidio Castiglione, il pm ha chiesto sei anni di reclusione.

Nell’operazione sono coinvolti anche professionisti e dirigenti del Comune di Roccabernarda accusati di abuso d’ufficio (per la concessione di una sanatoria ad un fienile di Bagnato) con l’aggravante del metodo mafioso: Domenico Colao, geometra (chiesti 2 anni di reclusione); Salvatore Fonte, ingegnere (2 anni); Giovanni Iaquinta, funzionario dell’ufficio tecnico del Comune di Roccabernarda (5 anni); Luigi Piro,  responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Roccabernarda e all’epoca dei fatti assessore (3 anni).

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