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Il Tribunale di Crotone

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CUTRO (KR) – Patteggia il 31enne di Cutro Domenico Ciampà, attualmente agli arresti domiciliari per il tentato omicidio del rivale in amore, un giovane di Petilia Policastro che aveva intrapreso una relazione con la sua ex, la nipote del boss ergastolano Nicolino Grande Aracri, ovvero figlia di Domenico, l’avvocato arrestato (e poi rimesso in libertà) nei mesi scorsi nell’operazione Farma Business.

Il suo legale, l’avvocato Mario Nigro, ha ottenuto il parere favorevole del pm Pasquale Festa concordando una pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione. L’udienza si è svolta davanti al gip Michele Ciociola. Nei confronti di Ciampà era scattata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere da cui emerge il movente del folle gesto della sera dello scorso 12 dicembre, che soltanto il caso consentì non giungesse alle estreme conseguenze.

Il movente era quello di riconquistare la sua ex fidanzata, obiettivo raggiunto perché Ciampà, in una conversazione intercettata, ne dava personalmente atto a un amico raccontando una lunga videochiamata con lei. Dalle intercettazioni emerge anche il progetto di “fuitina” per superare le resistenze dei genitori di lei. Del resto, quando i carabinieri lo pizzicarono, trovarono lei e lui nella stessa abitazione.

Movente sentimentale, dunque. Dopo dieci anni di fidanzamento, Ciampà pare non accettasse l’idea di aver smarrito la sua ex ragazza e che lei frequentasse un altro. Lei era stata costretta a “bloccare” il numero e lui avrebbe tentato di contattarla anche tramite falsi profili su Facebook.

Ma c’è di più e dell’altro. La sera del fattaccio, alla faccia del coprifuoco imposto dai vari Dpcm per l’emergenza Covid, Ciampà, con un gruppo di amici, era con una ragazza da lui stesso portata da Crotone a Cutro. La ragazza avrebbe avuto rapporti sessuali separati con alcuni di loro, come dichiarato da alcuni protagonisti della vicenda ai carabinieri durante le sommarie informazioni. L’assenza di Ciampà dall’abitazione in cui avveniva tutto ciò risulta chiaramente dagli orari delle immagini della videosorveglianza che lo ritraggono mentre esce un’ora circa prima dell’agguato e fa rientro un’ora e 25 minuti dopo.

Agli atti anche le «chiare affermazioni» della ragazza crotonese che agli inquirenti, in sede di sommarie informazioni, ed a Ciampà, nelle conversazioni captate, confermava la sua assenza nell’abitazione nelle fasi cruciali dell’agguato. Ciampà, del resto, sapeva della presenza del rivale presso la villa dei genitori della sua ex per aver notato l’auto parcheggiata là davanti. Quella di cui avrebbe infranto un lunotto sparando colpi di fucile (arma mai ritrovata).

«Goffi», secondo il gip, i tentativi di Ciampà di condizionare le dichiarazioni della ragazza crotonese: «allora tu devi capire una cosa! che io ti sono venuto a prendere verso… siamo arrivati a Cutro verso le dieci meno qualcosa». Insomma, la giovane, che durante lo stesso colloquio rammenta l’assenza, a un certo punto, di Ciampà, avrebbe dovuto rettificare gli orari del «convegno carnale», come lo chiama il gip nell’ordinanza restrittiva.

Ma Ciampà fu subito riconosciuto dalla vittima che, senza esitazione alcuna, fornì agli investigatori il suo nome dopo essersi rifugiato nella caserma di Petilia Policastro. E poi c’è «la congerie di frottole» (una serie di contraddizioni, ndr) raccontate agli inquirenti dagli amici che, incuranti dei rischi di vedersi contestare l’accusa di favoreggiamento, avrebbero tentato di fornire alibi all’indagato. Qualcuno lo condusse sul luogo dell’attentato, e Ciampà lasciò pure le sue impronte sulla maniglia dello sportello passeggeri dell’auto della vittima, tentando di aprire prima di far fuoco. Elementi dinanzi ai quali non restava che concordare la pena.

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