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La conferenza stampa del procuratore Gratteri e dei carabinieri per l'operazione

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PETILIA POLICASTRO (CROTONE) – Dieci pesanti richieste di condanna contro la presunta cosca di Petilia Policastro: sono quelle avanzate dal pm Antimafia Pasquale Mandolfino davanti al gup distrettuale di Catanzaro nel processo col rito abbreviato scaturito dall’inchiesta che un anno fa portò all’operazione Eleo, con cui la Dda del capoluogo calabrese ritiene di aver sgominato i nuovi assetti del clan e di aver fatto luce su un caso di lupara bianca, quello dell’allevatore Massimo Vona, scomparso nel nulla nell’ottobre 2018.

In particolare, il pm ha chiesto 8 anni e 6 mesi per Salvatore Bruno (26), di Petilia Policastro; 8 anni e 6 mesi per Salvatore Caria (44), di Petilia Policastro; 8 anni e 4 mesi per Giacinto Castagino (32), di Petilia Policastro; 12 anni per Rosario Curcio (62), di Petilia Policastro; 10 anni e 6 mesi per Diego Garofalo (42), di Petilia Policastro; 12 anni per Giuseppe Garofalo (36), di Petilia Policastro; 10 anni e 6 mesi per Mario Garofalo (46), di Petilia Policastro; 8 anni e 6 mesi per Antonio Grano (40), di Petilia Policastro; 10 anni e 6 mesi per Tommaso Rizzuti (40), di Cotronei; 9 anni e 2 mesi per Francesco Scalise (35), di Petilia Policastro.

L’inchiesta trae origine dalla violenta escalation di qualche anno fa nell’Alto Marchesato, tra fatti di sangue e incendi alle strutture turistiche nel cuore della Sila cotronellara, segno evidente di una ripresa in grande stile del racket.

I carabinieri del Reparto operativo di Crotone e quelli della Compagnia di Petilia Policastro ricostruirono le fila dell’organizzazione al cui vertice sarebbe stato Rosario Curcio, uno dei pochi capi della cosca petilina che era tornato in libertà dopo aver scontato una lunga detenzione per l’omicidio e il tentato omicidio dei coniugi Carlo Mario Mirabelli e Carmela Garofalo, fatto di sangue dell’agosto 1990. I primi segnali di una recrudescenza criminale si erano registrati proprio dopo la scarcerazione di Curcio – per il quale è stata proposta la pena più elevata, a 12 anni – a cominciare dalla ripresa degli atti intimidatori nella località Trepidò, frazione turistica della vicina Cotronei, da sempre sotto il controllo della cosca petilina.

Le indagini avrebbero, dunque, delineato l’organigramma della cosca. Così sarebbe stata fatta luce sulle estorsioni nei confronti dei villaggi turistici “Baffa” e “Palumbo” ma anche sul controllo del settore delle scommesse sportive tramite l’accesso a piattaforme estere per le giocate e su reati di usura e attività finanziaria illecita. Ad ulteriore dimostrazione della vitalità della cosca sono stati censiti summit con i rappresentanti di altre organizzazioni criminali della provincia crotonese.

Ma il fatto più grave tra quelli maturati nel corso della violenta escalation è l’omicidio con soppressione di cadavere di Massimo Vona, vittima di lupara bianca secondo i voleri di Curcio, almeno per l’accusa. Su questo episodio dovrà fare luce un distinto processo in Corte d’Assise, a Catanzaro, mentre tra gli imputati del filone processuale col rito ordinario c’è l’ex vicesindaco Francesca Costanzo accusata di concorso esterno in associazione mafiosa. Se ne occuperà il Tribunale penale di Crotone.

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