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La conferenza stampa degli inquirenti riguardo l'operazione Eleo che ha svelato la contabilità del clan

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Le motivazioni della sentenza sull’operazione Eleo svelano come la contabilità del clan fosse nascosta in un pizzino

PETILIA POLICASTRO – C’è la prova della cassa comune del clan in un pizzino trovato nella disponibilità di Domenico Bruno, al momento dell’arresto. Il blitz è quello condotto dai carabinieri e della Dda di Catanzaro nel marzo 2020. Operazione Eleo. In quel biglietto erano indicati gli importi da consegnare al presunto reggente della cosca di Petilia Policastro, Rosario Curcio. Ma anche ad altri esponenti del clan come Giacinto Castagnino, Mario Garofalo e Pierluigi Ierardi.

LA CONTABILITÀ DEL CLAN NASCOSTA IN UN PIZZINO

La «contabilità della ‘locale aggiornata sino al dicembre 2019», osserva il gup distrettuale Matteo Ferrante nelle motivazioni, appena depositate, della sentenza. Sentenza con cui nel luglio scorso ha disposto otto condanne contro la presunta cosca di Petilia Policastro (e due assoluzioni per posizioni marginali) e ha scagionato, sia pure con formula dubitativa, il presunto reggente Rosario Curcio dall’accusa di essere stato il mandante di un un caso di lupara bianca, quello dell’allevatore Massimo Vona, scomparso nel nulla nell’ottobre 2018.

Un fatto di sangue per il quale era stata peraltro proposta l’assoluzione anche dal pm Antimafia Pasquale Mandolfino. «Pur a fronte di non trascurabili elementi indiziari circa il suoi coinvolgimento nell’eliminazione di Massimo Vona, gli elementi raccolti non offrono la prova piena, al di là di ogni ragionevole dubbio, della concreta misura del suo specifico contributo causale e psicologico offerto, in qualità di mandante dell’iniziativa, all’ideazione, organizzazione e deliberazione dell’omicidio», scrive il gup.

La sentenza accoglieva quasi in toto le richieste avanzate dalla pubblica accusa nel processo col rito abbreviato. Processo scaturito dall’inchiesta con cui la Dda del capoluogo calabrese ritiene di aver sgominato i nuovi assetti del clan petilino.

LE ORIGINI DELL’INCHIESTA ELEO

L’inchiesta trae origine dalla violenta escalation di qualche anno fa nell’Alto Marchesato. Esplosa tra fatti di sangue e incendi alle strutture turistiche nel cuore della Sila cotronellara, segno evidente di una ripresa in grande stile del racket. I carabinieri del Reparto operativo di Crotone e quelli della Compagnia di Petilia Policastro ricostruirono le fila dell’organizzazione. Al vertice ci sarebbe stato Curcio, uno dei pochi capi della cosca petilina in libertà dopo aver scontato una lunga detenzione per l’omicidio e il tentato omicidio dei coniugi Carlo Mario Mirabelli e Carmela Garofalo, fatto di sangue dell’agosto 1990. I primi segnali di una recrudescenza criminale si erano registrati proprio dopo la scarcerazione di Curcio, a cominciare dalla ripresa degli atti intimidatori nella località Trepidò, frazione turistica della vicina Cotronei, da sempre sotto il controllo della cosca petilina.

Così sarebbe stata fatta luce sulle estorsioni nei confronti dei villaggi turistici “Baffa” e “Palumbo”. Ma anche sul controllo del settore delle scommesse sportive tramite l’accesso a piattaforme estere per le giocate e su reati di usura e attività finanziaria illecita. Proprio quel pizzino, secondo il gup, costituisce la «riprova della perdurante operatività» del sodalizio criminoso. Ciò nonostante l’arresto di Curcio, avvenuto sul finire del 2018 nell’ambito dell’operazione Tisifone, contro le cosche di Isola Capo Rizzuto.

GLI ESITI DEL PROCESSO

Nel processo che ne è scaturito, Curcio è stato condannato a dieci anni per associazione mafiosa e per questo è stato assolto, nel nuovo procedimento, dalla medesima accusa anche se comunque si è beccato una pena di 8 anni per le estorsioni di cui è stato ritento mandante. Del resto, in una delle conversazioni captate sui mutati equilibri ‘ndranghetistici nel Crotonese, uno dei presunti affiliati, Domenico Mirabelli, discutendo dell’arresto di Curcio nell’operazione Tisifone osserva che questi non aveva neanche fatto in tempo a consolidare la sua leadershiip. «’U Pilurusssu (nomignolo di Curcio, ndr) adesso che aveva preso un po’ di incarico, che lui è stato sempre chiuso che lo comandavano, mo’ che l’hanno preso in questa maniera, sai come la prende?».

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