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Dante Mannolo

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CUTRO – Il Tribunale penale di Pesaro ha inflitto quattro condanne alla presunta banda guidata da Dante Mannolo, oggi 54enne, un tempo mente imprenditoriale del clan capeggiato dal padre Alfonso e diventato collaboratore di giustizia dopo che già si era beccato cinque anni di reclusione per una truffa dei supermercati.

Il gruppo avrebbe escogitato un presunto meccanismo truffaldino ruotante attorno a una società, la Eurodistribuzione srl, creata per acquistare merce di tutti i tipi che veniva accatastata in un capannone e che in poco tempo avrebbe maturato un buco da mezzo milione di euro, realizzato tra il 2015 e il 2016.

Per Mannolo, nel febbraio del 2019, si erano aperte le porte del carcere su richiesta della pm Maria Letizia Fucci con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta e alle ripetute truffe. La sua posizione era stata definita in separata sede, ora anche prestanomi e complici sono stati condannati per gli stessi reati contestati al loro ex capo banda.

In particolare, la pm Fucci aveva chiesto condanne fino a 7 anni e mezzo contestando a tutti l’associazione a delinquere, riconosciuta dai giudici che però hanno disposto pene più lievi, a quattro anni e mezzo di carcere Luigi Palaia e Melania Scumaci, ufficialmente promotore e amministratrice della società, mentre Gregorio Capano e Francesco Rijtano sono stati condannati ad un anno e mezzo perché ritenuti mera manovalanza per la logistica della merce.

La difesa degli imputati sosteneva la tesi dell’insussistenza dell’associazione a delinquere, ipotizzando un vincolo soltanto occasionale tra i vari imputati. Dall’inchiesta sarebbe emerso che Mannolo acquistava la merce con la Eurodistribuzione pagando le primissime forniture, ma già alla terza o alla quarta consegna scattava la trappola.

L’attività era cominciata nel 2015 e nei primi mesi la società pagava regolarmente i fornitori, ma poi pur continuando ad acquistare aveva smesso di pagare. La merce spariva dal magazzino, diretta verso la Calabria. In pochi mesi, la Eurodistribuzione avrebbe truffato così 90 fornitori, tra cui grandi aziende come Ferrero, San Benedetto, Caffè Borbone e altri.

I carabinieri hanno scoperto Mannolo per caso, durante un controllo su una Maserati “Ghibli” bianca da 80mila euro che avevano visto sfrecciare a Borgo Santa Maria. Il controllo fu approfondito e saltò fuori il legame con l’Eurodistribuzione, fallita nel 2017: lo stesso imprenditore è stato dichiarato fallito in proprio su richiesta del pm il 31 ottobre 2018 quale socio occulto. Della merce e dei soldi non ci sarebbe traccia.

Fu, invece, la Tenenza della Guardia di finanza di Altamura ad arrestare Mannolo nel giugno 2017 nell’ambito di un’altra indagine coordinata dalla Dda di Bari che poi si estese su scala nazionale. Il figlio del boss Alfonso Mannolo, almeno per l’accusa, apriva supermercati in tutta Italia, acquistava merce ottenendo dilazioni nei pagamenti, poi i presunti complici svuotavano i magazzini chiudevano i conti correnti e fuggivano senza lasciare traccia.

Ma il “re dei supermercati” nel Crotonese gestiva anche un distributore di carburante e questo, forse, spiegava anche perché nei magazzini c’era merce apparentemente incoerente. Come i tergicristalli. Che c’azzeccavano i tergicristalli con i supermercati? La decisione di collaborare con la giustizia risale ai mesi immediatamente successivi un nuovo arresto, questa volta per associazione mafiosa, nell’operazione Malapianta, condotta nel maggio 2019 dalla Guardia finanza di Crotone.

Il rampollo del clan da allora “canta” svelando le trame del clan che allungava i suoi tentacoli su una grossa fetta di Calabria jonica ma anche in Umbria e in Veneto. Mentre capi e gregari di una grossa “famiglia” stanziata nella frazione San Leonardo sono stati sepolti da caterve di condanne.

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