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La villa dei Grande Aracri a Brescello sequestrata nell’inchiesta

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Undici condanne e 5 assoluzioni nell’ambito dell’operazione Grimilde in Emilia, inflitti 19 anni e 6 mesi a Francesco Grande Aracri, fratello del boss Nicolino Grande Aracri

CUTRO – Undici condanne e cinque assoluzioni nel processo Grimilde, istruito dalla Dda di Bologna contro gli affari della cosca Grande Aracri in Emilia, ed in particolare a Brescello, prima dell’avvento della famiglia di ‘ndrangheta di Cutro nota più che altro perché Guareschi vi ambientò la saga di Peppone e don Camillo.

La pena più elevata, a 19 anni e 6 mesi di reclusione, a fronte di una richiesta di 30 anni proposta dal pm Beatrice Ronchi, il tribunale penale di Reggio Emilia l’ha inflitta a Francesco Grande Aracri, fratello di Nicolino, il capocrimine ergastolano. Francesco Grande Aracri ha ottenuto l’assoluzione da otto imputazioni su 17 ed è stata esclusa la posizione apicale, quindi non sarebbe il capo dell’associazione mafiosa. Dodici anni e 2 mesi, a fronte di una richiesta di 16 anni e 6 mesi, è la pena per il figlio Paolo, assolto però da 9 su 13 imputazioni per reati satellite.

Il tribunale ha escluso l’aggravante mafiosa per diversi imputati, che così hanno ottenuto pene fino a due anni con la sospensione condizionale. Viene comunque riconosciuta l’esistenza di un’associazione mafiosa.

OPERAZIONE GRIMILDE, STANGATA PER LA ‘NDRANGHETA IN EMILIA

In particolare:

  • 2 anni e 4 mesi (richiesta di 6 anni) è la condanna per Gregorio Barberio,
  • assolto (richiesta di 4 anni) Domenico Brugnano,
  • assolto (richiesta di 9 anni) Luigi Cagossi,
  • assolto (chiesti 2 anni) Salvatore Caschetto
  • assolto Omar Costi (chiesti 9 anni),
  • assolto Nunzio Giordano (chiesti 6 anni),
  • 6 anni e 4 mesi (la richiesta era di 7 anni) per Domenico Oppido,
  • 3 anni e 8 mesi (la richiesta era di 5 anni e 4 mesi) per Gaetano Oppido,
  • 1 anno e 4 mesi (4 anni e 8 mesi) per Francesco Paolo Passafaro,
  • 1 anno e 4 mesi (4 anni e 4 mesi) per Giuseppe Passafaro,
  • 2 anni ( 4 anni e 8 mesi) per Pietro Passafaro,
  • 2 anni e 4 mesi (5 anni) per Matteo Pistis,
  • 2 anni (4 anni e 8 mesi) per Roberto Pistis,
  • 1 anno e 4 mesi (5 anni e 4 mesi) per Antonio Rizzo.

Nel filone del rito abbreviato in Appello il gup ha disposto 24 condanne, tra le quali quella a 14 anni e 4 mesi per Salvatore Grande Aracri, altro figlio di Francesco. Quest’ultimo, in particolare, ha subito anche la condanna all’interdizione dai pubblici uffici e dovrà scontare quattro anni di libertà vigilata una volta espiata la pena.

I DETTAGLI DELL’INCHIESTA GRIMILDE CONTRO LE ‘NDRINE IN EMILIA

Quattro anni dopo lo scioglimento del Comune di Brescello per infiltrazioni della ‘ndrangheta, l’inchiesta colpì la filiale, operante tra Reggio Emilia, Parma e Piacenza, della “provincia” di ‘ndrangheta capeggiata dal boss Nicolino Grande Aracri e sempre più proiettata verso l’imprenditorialità e capace di stabilire solide relazioni con politica e pezzi di istituzioni nei territori in cui s’insedia per dettare legge. Operazione Grimilde, la chiamarono, quella con cui, nel maggio 2019, la Squadra Mobile di Bologna, in collaborazione con quelle di Reggio Emilia e Piacenza e lo Sco, mise a segno 16 arresti. Tra questi spiccava quello di Giuseppe Caruso, presidente del consiglio comunale di Piacenza e esponente di FdI (subito allontanato dal partito di Giorgia Meloni, è stato condannato anche in Appello nel rito abbreviato), insieme a Francesco Grande Aracri e ai figli Salvatore e Paolo.

Le accuse sono a vario titolo quelle di associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento, truffa aggravata dalle finalità mafiose.

OPERAZIONE GRIMILDE IN EMILIA, I RAPPORTI TRA CALABRIA ED EMILIA

Nell’inchiesta gli inquirenti ripercorrono gli affari tra la Calabria e l’Emilia del sodalizio guidato da Francesco Grande Aracri. Questi, già condannato per mafia e destinatario di misure patrimoniali, è indicato dai pentiti come colui che veniva incaricato dal boss per curare il patrimonio illecitamente accumulato. Secondo l’accusa, la cosca apriva e chiudeva società di comodo e faceva affari anche con imprenditori di primissimo livello nazionale. Per esempio nel giugno 2017 Salvatore Grande Aracri ed il padre Francesco, tramite una società edile a loro riferibile, avviarono un progetto di costruzione di 350 appartamenti a Bruxelles; i due si sarebbero occupati di individuare gli operai che avrebbero provveduto ad eseguire i lavori in condizioni di assoluto sfruttamento.

Contemporaneamente, sempre secondo l’accusa, il gruppo criminale avrebbe ingannato i referenti della società Riso Roncaia, che a sua volta aveva vinto un bando europeo per la fornitura di riso, facendo credere di poter far loro ottenere una linea di credito di 5 milioni di euro e l’apertura di conti correnti bancari presso banche compiacenti.

Tra le accuse c’erano anche le minacce a una troupe del Tg 2 della Rai che stava realizzando un servizio nei pressi dell’abitazione dei Grande Aracri a Brescello ed il giornalista avrebbe subito il lancio di una pietra che colpì il vetro dell’autovettura utilizzata dal cameraman.

IL RUOLO DI SALVATORE GRANDE ARACRI

Ma nell’inchiesta emerge anche il ruolo di Salvatore Grande Aracri (condannato in abbreviato) che avrebbe retto le fila del clan quando il padre era detenuto. Il collaboratore di giustizia Pino Giglio, ex “bancomat” del clan, ha fornito agli inquirenti numerosi elementi sulle iniziative economiche realizzate in via occulta dal rampollo del clan che, a quanto pare, gli aveva confidato di avere rapporti con alcuni esponenti delle forze dell’ordine che frequentavano la sua discoteca Italghisa ed erano pronti a favorire la cosca mafiosa.

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