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CUTRO (KR) – Uno pagava da 40 anni. Un altro minacciava di suicidarsi. Ad un altro ancora hanno fatto passare un brutto quarto d’ora interrogandolo per sapere se avesse parlato con gli inquirenti. Uno era “bianco della paura” e quando i “bravi ragazzi” di San Leonardo di Cutro si presentavano nel suo locale, a Catanzaro Lido, non pagavano la cena.

Un altro ancora si è visto recapitare cinque richieste estorsive e usurarie dallo stesso clan. Il terrore nella fascia jonica catanzarese lo seminava la cosca stanziata nel borgo periferico di poco più di un migliaio di anime, una frazione di Cutro – che invece è il paese del capocrimine, il boss ergastolano Nicolino Grande Aracri, al vertice di una “provincia” di ‘ndrangheta i cui tentacoli si estendono ben oltre il Crotonese. Dal quartiere dormitorio, per anni non aggredito dalle forze dell’ordine ma negli ultimi tempi lavorato ai fianchi con maxi retate e maxi processi dai pm Antimafia di Catanzaro, si dipanavano una serie impressionante di attività illecite.

Quelle venute alla luce un anno e mezzo fa con l’operazione Big Bang hanno a che fare col calvario patito da imprenditori e commercianti tra Botricello, Cropani e Sellia Marina. Alcuni hanno avuto il coraggio di denunciare. Ne è scaturito un processone col rito abbreviato per 19 imputati: il gup distrettuale di Catanzaro Antonio Battaglia ne ha condannati 14 e assolti 5. Tra le assoluzioni spicca quella del vecchio boss Alfonso Mannolo, per il quale la Dda aveva chiesto 5 anni (il patriarca del clan è stato comunque condannato a 30 anni nel processo madre contro la cosca da lui capeggiata). Suo figlio Dante, oggi pentito, è stato condannato a due anni, quanti ne erano stati chiesti.

Processo Big bang: le condanne inflitte al clan Mannolo

La pena più alta è per Mario Scerbo (44), di Cutro, condannato a 14 anni, a fronte di una richiesta di 20 anni. Pietro Scerbo (75), di Cutro, uno dei capi storici, è stato condannato a 8 anni e 8 mesi. Sette anni (ne erano stati chiesti 12) per Mario Falcone (68), di Cutro. Tre anni (ne erano stati chiesti 10) per Leonardo Falcone (58), di Cutro; 7 anni (chiesti 12 ) per Leonardo Curcio (53), di Cutro. Sei anni e otto mesi ciascuno (la richiesta era di 10) sono stati inflitti a Leonardo Trapasso (53), di Cutro, Tommaso Trapasso (44), di Cutro, Salvatore Macrì (54), di Cropani. 

Volodymyr Nemesh (33), ucraino, è stato condannato a 3 anni e 6 mesi a fronte di una richiesta di 4 anni. Martino Sirelli (44), di Sellia Marina, è stato condannato a 11 anni e 4 mesi (chiesti 18 anni).  Otto mesi ciascuno di reclusione (la richiesta era di 1 anno) per Giovanni Zoffreo (28), di Botricello, e Egidio Zoffreo (50), di Cutro. Tre anni (chiesti 10) ad Antonio Scicchitano (50), di Botricello. Assolti Giuseppe Talarico (37), di Catanzaro, per cui erano stati chiesti 8 anni; Pietruccia Scerbo (47), di Cutro (chiesti 3); Giuseppe Capicotto (48), di Catanzaro (chiesti 1); Fabio Mannolo (35), di Crotone (chiesti 1). Alle richieste del pm si erano associati gli avvocati di parte civile Michele Gigliotti e Daniela Scarfone che difendono alcune vittime di usura. Il gup ha disposto condanne al risarcimento del danno e provvisionali immediatamente esecutive per quasi 300mila euro.

Dalle forniture di caffè imposte da Dante Mannolo, la cui pena lieve è per l’attenuante per la collaborazione con la giustizia, i carabinieri della Compagnia di Sellia Marina erano partiti per ricostruire un vasto giro di racket e usura. I tassi d’interesse erano vorticosi e potevano lievitare fino al 150% su base annua, e le condotte estorsive erano finalizzate a ottenere il pagamento dei ratei mensili dalle vittime. Sarebbe emersa la sistematica imposizione del “pizzo” nei confronti di imprenditori e commercianti soprattutto in occasione delle principali festività. Gli imprenditori vessati erano nella zona tra Sellia Marina, Cropani e Botricello, centri limitrofi alla provincia crotonese, e fondamentale è stata la denuncia di alcune delle vittime oltre alle rivelazioni del pentito.

L’input alle indagini, già concretizzatesi in 13 misure in carcere, lo ha fornito un duplice episodio intimidatorio risalente alla notte del 13 novembre 2018, quando l’ucraino Nemesh sarebbe stato incaricato dai Mannolo di posizionare una tanica di benzina con accanto uno stoppino in stoffa dinanzi al bar tabacchi di Giuseppe Amelio; analogo l’avvertimento al “Bar 106” di Giuseppe Camastra. I titolari delle due attività di Sellia Marina si erano opposti a ricevere forniture della ditta di Pietruccia Scerbo, moglie di Dante Mannolo, esercente l’attività di commercio all’ingrosso di caffè.

Gli imputati erano difesi dagli avvocati Luigi Falcone, Gregorio Viscomi, Domenico Pietragalla, Salvatore Iannone, Giuseppe Fonte, Antonio Lomonaco.

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