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Una sequenza del video degli scafisti

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CUTRO (KR) – «No, non li ha fatti salire». È stata un’udienza complicata, quella di ieri. Uno dei tre testi convocati dinanzi al gip del Tribunale di Crotone, Michele Ciociola, nell’ambito dell’incidente probatorio chiesto dalla Procura per cristallizzare le accuse nei confronti dei presunti scafisti del caicco “Summer Love” naufragato a Steccato di Cutro il 26 febbraio scorso, prima ha negato che il pakistano Arslan Khalid, tra gli indagati presenti in aula, fosse uno dei “facilitatori” che gestivano i migranti facendoli salire sul camion a bordo del quale per 13, forse 14 ore hanno viaggiato prima di raggiungere Smirne per poi imbarcarsi.

Poi ha sostanzialmente detto che gli indagati pakistani facevano da tramite riportando ai migranti gli ordini degli scafisti turchi. Il pm Pasquale Festa ha fatto più contestazioni per la difformità parziale rispetto alle dichiarazioni rese nel verbale a sommarie informazioni e anche il gip Ciociola ha dovuto ricordare al teste che in caso di dichiarazioni false avrebbe rischiato la condanna a sei anni. Il punto era se il pakistano fosse salito con i migranti sul camion o li avesse fatti salire.

Il teste ha poi riconosciuto nell’album mostratogli dal pm gli indagati che conducevano l’imbarcazione e ha detto di averli visti anche «saltare in acqua con camere d’aria» subito dopo l’urto con la secca. Ma ha anche ammesso che furono i pakistani (l’altro è il sedicente minorenne smascherato nei giorni scorsi) a girare un video. «Ci dicevano di dire, perché ci hanno divisi in due gruppi, ognuno di un trafficante, di dire “io sono di Ali Hassan e sono arrivato in Italia”».

Rispunta, dunque, il video promozionale con cui i trafficanti di esseri umani pubblicizzavano sui social le traversate per reclutare i migranti. Dovranno ora essere gli inquirenti a risalire ai componenti dell’organizzazione transnazionale che lucra sulla disperazione. Viene, dunque, fatto anche in aula il nome di uno dei trafficanti di nazionalità pakistana, o presunta tale, che lo stesso superstite aveva pronunciato durante l’interrogatorio svolto dagli investigatori della Squadra Mobile della Questura.

Uno che lui non conosceva direttamente ma tramite un cugino e al quale ha versato 8mila euro col sistema del money transfert per la traversata. Incalzato anche dai difensori, gli avvocati Salvatore Perri, Pasquale Sarpi, Salvatore Falcone, e dagli avvocati di parte civile Francesco Verri e Pasquale Vitale, l’uomo ha poi raccontato il drammatico approdo. «Ho ancora male a un braccio, quando siamo arrivati in spiaggia non c’era nessuno ad aiutarci». Ancora una testimonianza che chiama in causa i ritardi nei soccorsi a terra. Hanno aggiunto ulteriori elementi alla ricostruzione ormai conclamata altre due testimonianze.

«Ci ho messo mezzora ad arrivare fino in spiaggia dopo che mi sono tuffato, non riuscivo a nuotare, mi sono aggrappato a un pezzo di legno», ha detto un naufrago. «Quando l’imbarcazione ha rallentato dopo essere giunta in prossimità della costa siamo stati informati dai due pakistani che non dovevamo salire in coperta», ha detto l’altro. All’inizio del collegamento in videoconferenza col carcere di Graz, il magistrato austriaco ha reso noto che è stata approvata la procedura di estradizione per Gun Ufuk. A

 lui gli investigatori coordinati dalla Procura di Crotone sono risaliti poiché, nel corso di un sopralluogo a Steccato, hanno rinvenuto parti di un suo documento d’identità, compresa la foto, poi riconosciuta da alcuni superstiti come quella che raffigurava uno degli scafisti. Ufuk avrebbe personalmente guidato il caicco. Alcuni naufraghi lo indicano come lo scafista turco che, appunto, conduceva l’imbarcazione.

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