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La spedizione punitiva ai danni di Davide Ferrerio

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CROTONE – «La condotta di Alessandro Curto ha rilevanza penale». Lo afferma la sostituta procuratrice generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro Raffaela Sforza, che ha impugnato il proscioglimento del misterioso corteggiatore, il 32enne di Petilia Policastro scagionato dall’accusa di concorso anomalo in tentato omicidio.

Curto era finito nei guai perché, chattando con la 17enne arrestata insieme alla madre poiché ritenute le istigatrici dell’agguato a Davide Ferrerio, il ventenne bolognese aggredito violentemente la sera dell’11 agosto scorso e ridotto in fin di vita, avrebbe dato il la all’azione del 22enne Nicolò Passalacqua, inchiodato dai filmati della videosorveglianza e già condannato a 20 anni col rito abbreviato.

Che «Curto avesse acquisito piena consapevolezza della situazione di pericolo in cui si era cacciato, chattando ed insidiando la minore», si ricava dal fatto che, secondo la ricostruzione della pg Sforza, giunto sul luogo dell’appuntamento, «invece di trovare ad aspettarlo la minore, veniva avvicinato dalla madre della stessa, che, dopo le iniziali domande volte ad assicurarsi che fosse proprio lui la persona che aveva scritto alla figlia, gli rivolgeva la pesante minaccia di spaccargli la testa».

A quel punto, Curto, «avendo compreso di essere caduto in una trappola (in quanto la donna non era sola) e temendo di subire un’aggressione violenta, rispondeva che si trovava lì per prendere un autobus (quindi, negando di essere lui il corteggiatore della minore, con la quale aveva concordato un incontro proprio in quel luogo)».

Curto, insomma, «si era immediatamente reso conto che non si trattava di un appuntamento galante con una ragazza, bensì di una convocazione da parte dei familiari della minore al fine di essere sottoposto a pestaggio per avere importunato la stessa per telefono e via social». «Ho trovato una scusa banale per andarmene», disse a una congiunta dell’aggressore durante una conversazione intercettata nella sala d’attesa della Questura. E la ragazza: «infatti ti abbiamo visto che ti sei messo di panico e ti sei alzato subito dalla panchina e noi ce ne siamo accorti che eri tu.

Ma «solo se Curto si fosse limitato alla ritirata, il suo comportamento non avrebbe avuto conseguenze penali», osserva la pg Sforza. Invece, l’imputato «sarebbe andato oltre, in quanto, inviando, senza alcuna necessità, alla minore il messaggio, con cui indicava falsamente di indossare una camicia bianca, ha creato una condicio sine qua non affinchè l’aggressione violenta che si stava per compiere nei suoi confronti (già anticipatagli verbalmente dalla madre della minore) venisse allontanata da sé e deviata verso un soggetto giovane con la camicia bianca che si trovasse a transitare a quell’ora nei pressi del luogo fissato per l’appuntamento».

Il pm Pasquale Festa aveva già chiesto l’archiviazione, poi respinta dal gip Romina Rizzo che, in seguito all’opposizione dei familiari della vittima, rappresentati dagli avvocati Fabrizio Gallo e Gabriele Bordoni, aveva ordinato l’imputazione coatta. Ma il gup aveva accolto la tesi difensiva, sostenuta dall’avvocato Renzo Cavarretta, che rilevava che il suo assistito non aveva visto né Passalacqua né Ferrerio e che non immaginava cosa sarebbe accaduto quando, chattando con la minorenne, riferì di indossare una maglia bianca, indirizzando il picchiatore verso l’ignara vittima. Il braccio di ferro giudiziario prosegue.

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